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San Rossore è un luogo ricco di storie e di esperienze. Come quella del centro Caterini, l’osservatorio per l’inanellamento e lo studio delle migrazioni più antico d’Italia. Qui nel 1933 Francesco Caterini, paleontologo e ornitologo, iniziò tra i primi a sperimentare l’inanellamento: si trattava di una pratica all’avanguardia per comprendere meglio gli uccelli e i loro movimenti stagionali, una tecnica che ha permesso nei decenni successivi di compiere numerose scoperte in questo campo. Il centro di San Rossore, uno dei 5 osservatori italiani istituiti all’epoca e l’unico ancora in funzione, fu aperto con permesso reale, essendo all’epoca la Tenuta di proprietà dei Savoia. In questo luogo Caterini, aiutato da personaggi come Zannini e Alvaro Conticini che tendevano le reti in maniera attenta a catturare gli uccelli senza fare loro del male, lavorò fino al 1980, anno della sua scomparsa. Il suo testimone fu raccolto dal figlio Antonio Caterini che da sempre aveva seguito le orme del padre e alla morte di quest’ultimo da Riccardo Gambogi, già guardia della tenuta presidenziale e grande appassionato di ornitologia. Gli studi continuano ancora oggi grazie alla convenzione tra l’Ente Parco, l’associazione ornitologica ‘Osservatorio Francesco Caterini’ e l’Ispra.
«L’inanellamento è un metodo di studio dell’avifauna che permette di studiare la velocità degli uccelli, la direzione e la stagionalità dei movimenti migratori ed i comportamenti delle varie specie» spiega Roberta Caterini Sbrana, ornitologa e moglie di Antonio Caterini. Negli anni ’30 si trattava di un’innovazione, tutti i dati venivano presi a mano su appositi registri che venivano trasmessi al centro a Bologna che comparava i dati e poi ritrasmetteva ai singoli centri le informazioni. Al giorno d’oggi le comunicazioni sono molto più rapide, ma la metodologia è ancora valida e anzi «se un tempo si studiavano solo specie e genere oggi vengono presi anche una serie di dati biometrici come l’ala, la terza remigante, il peso, il tarso, la coda, il becco, mentre il movimento viene tracciato con il localizzatore gps» continua Riccardo Gambogi. Tra le specie più studiate a San Rossore ci sono la pavoncella, il mignattino, i piovanelli, le pettegole e i chiurli, ma soprattutto «la ricchezza degli ambienti di San Rossore, dove in un’area relativamente piccola si trovano ecosistemi diversi tra loro come la zona umida delle lame di fuori, i canali interni, i campi, le foreste, fa della Tenuta un luogo d’elezione per lo studio dell’avifauna» commenta Caterini Sbrana. Il centro è anche un luogo di formazione sia per gli alunni della scuola dell’obbligo che vogliono imparare di più sulla natura, sia per gli studenti ed i ricercatori universitari che qui possono condurre specifiche analisi. Il tutto con un’attenzione al benessere degli animali: «Si tratta di operazioni non dannose nè traumatiche – conclude Caterini Sbrana – le persone che le eseguono sono formate appositamente per agire in maniera delicata proteggendo la salute degli uccelli, anzi è grazie a questi studi che si possono conoscere meglio le loro abitudini e proporre azioni di salvaguardia».