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Aiutare l’ambiente secondo natura, capire con che strategie gli ecosistemi si preservano e intervenire di conseguenza. La nuova frontiera della ricerca per proteggere gli habitat a rischio sono le cosiddette ‘Nature-based solutions’. A questo principio si sono ispirati due nuovi studi dell’Università di Pisa da cui è emerso per esempio che la vicinanza fra piante non sempre genera concorrenza, ma può essere una buona strategia per aumentarne crescita e sopravvivenza.
In particolare, i lavori pubblicati sul “Journal of Applied Ecology” e su “Ecological Engineering” hanno riguardato la Posidonia oceanica, una specie chiave dell’ecosistema marino costiero, e lo sparto della sabbia e la gramigna delle spiagge, specie utili per il ripristino dei sistemi dunali degradati.
Nel caso della Posidonia, le piantine coltivate in gruppi ad elevata densità su un substrato precedentemente colonizzato da Cymodocea nodosa, una pianta marina pioniera “benefattrice”, hanno dimostrato tassi di sopravvivenza fino a tre volte superiori rispetto a quelle cresciute da sole su substrato non colonizzato. Per quanto riguarda i sistemi dunali, per ridurre poi l’elevato tasso di mortalità che caratterizza gli interventi di ripristino, sparto e gramigna sono stati piantati in gruppo ottenendo però risultati opposti in base alla distribuzione spaziale del fertilizzante, omogenea o eterogenea. Infatti se piantate in gruppi con fertilizzante distribuito omogeneamente, le piante di sparto mostravano una crescita fino a quattro volte maggiore mentre quelle di gramigna mostravano una crescita ridotta di circa la metà rispetto a quelle piantate da sole.
“Questi studi mirano a risolvere le criticità degli interventi di ripristino ambientale attraverso l’adozione di approcci sostenibili basati su processi ecologici naturali come le interazioni positive pianta-pianta”, spiega il professore Claudio Lardicci dell’Università di Pisa.
“E’ fondamentale in ogni caso valutare sia la distribuzione spaziale dei nutrienti che le caratteristiche delle specie utilizzate – aggiunge Elena Balestri, ricercatrice dell’Ateneo pisano – individuando in ogni caso la soluzione ottimale che massimizzi le interazioni positive tra piante e riduca quelle negative”.
Gli esperimenti sono stati condotti in nella zona costiera di Vada (Livorno) e in un vivaio marino sperimentale allestito presso l’INVE Aquaculture Reserch Center di Rosignano Solvay (LI). Qui i ricercatori hanno utilizzato un sistema che hanno appositamente sviluppato e brevettato come Università di Pisa per la coltivazione di piante marine. Hanno collaborato ai due studi i dipartimenti di Biologia e di Scienze della Terra, e il Centro per l’Integrazione della Strumentazione scientifica (CISUP) e il Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC).