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Cuore, cervello e muscoli tutti italiani in una macchina che può rappresentare un grande passo avanti per la tecnologia e il potenziale di cura in ambito trapiantologico. Nei giorni scorsi, infatti, in Aoup è stata utilizzata con successo per la prima volta, nell’Unità operativa di Chirurgia epatica e trapianto d’organo diretta dal professore Paolo De Simone, un’attrezzatura da perfusione d’organi ex-situ interamente progettata, sviluppata e prodotta in Italia, nel distretto biomedicale di Mirandola, il terzo al mondo per importanza.
L’innovativo dispositivo (PerLifeTM) – che ha permesso una conservazione ottimale dell’organo al di fuori del corpo del donatore e il suo ricondizionamento, ovvero il miglioramento delle sue riserve energetiche, la minimizzazione dello stress infiammatorio e del danno da ischemia-riperfusione – è stato messo a punto grazie a un programma di sviluppo al quale hanno contribuito i chirurghi epatici dell’Aoup Davide Ghinolfi e Fabio Melandro, che hanno collaborato con i tecnici dell’azienda emiliana e dei suoi partner e con altri professionisti per trasferire le innovazioni ingegneristiche in soluzioni biologicamente ottimali.
È stato un percorso lungo che ha comportato anche la sperimentazione su decine di organi animali (destinati al consumo), per mettere in sicurezza la procedura prima di usarla su organi umani destinati al trapianto. La macchina è in grado di mantenere organi in perfusione a temperature variabili dai 4 ai 37°C, permettendo sia il ricondizionamento dell’organo che il suo mantenimento in condizioni fisiologiche per una valutazione completa delle capacità funzionali. In questa attrezzatura è inoltre possibile associare alla perfusione trattamenti di rimozione per assorbimento delle citochine, permettendo il controllo della risposta infiammatoria che si instaura al momento della rivascolarizzazione dell’organo.
La scarsità di organi idonei al trapianto rende necessario ampliare i criteri di selezione, considerando anche i donatori marginali (anziani, a cuore fermo, con patologie multiple) che sono più a rischio di sviluppare complicanze post-operatorie, soprattutto biliari. La capacità di mantenere e ripristinare la vitalità degli organi con una tecnica di preservazione dopo il prelievo è un requisito fondamentale per aumentare il numero degli organi a disposizione, la loro qualità e ridurre le possibili complicanze nei riceventi.
Alle procedure di prelievo, perfusione e trapianto, oltre ai professionisti citati, hanno partecipato i dottori Gabriele Catalano, Francesco Torri, Emanuele Balzano, Giovanni Tincani, Cesare Gianfaldoni e Iacopo Giuliani, gli anestesisti del gruppo del professore Giandomenico Biancofiore, i dottori Riccardo Taddei e Niccolò Castellani, il personale infermieristico e i tecnici perfusionisti dell’Aoup.
“Con l’utilizzo di questa nuova macchina – ha commentato il professore De Simone – il centro trapianti di fegato di Pisa si pone ai vertici internazionali nell’utilizzo delle nuove tecnologie in questo settore”