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Un avviso pubblico per istituire nuove “Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” o per dare sostegno a quelle già esistenti. Lo ha pubblicato la Regione Toscana rivolgendo il bando sia alle Comunità del cibo già strutturate (che hanno cioè predisposto e approvato delle regole di funzionamento con un soggetto referente e una propria organizzazione) e alle Comunità non strutturate e che dunque partecipando al Bando dovranno impegnarsi a farlo.
Le Comunità che risponderanno al bando dovranno presentare una proposta progettuale per la quale, se accettata, è previsto un contributo massimo di 12.000 euro su un importo complessivo di 60.000 euro. La scadenza per partecipare al bando è fissata entro la mezzanotte del 27
maggio.
“Con questo bando rilanciamo le Comunità del Cibo riconoscendone il
ruolo fondamentale nello sviluppo locale – ha detto la vicepresidente e
assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – Vogliamo ripartire dalle
Comunità del Cibo che interpretano al meglio i principi di prossimità,
accessibilità, solidarietà e salubrità custodendo il territorio, il suo
paesaggio, la sua memoria, le persone che in esso scelgono di vivere oggi e
le persone che, speriamo sempre più numerose, vi abiteranno domani,
producendo cibo sano e buono, rilanciando un sistema agroalimentare che
proprio in questa crisi sanitaria ha mostrato tutti i suoi limiti. E
immaginando anche uno sviluppo del territorio, salvaguardando, tutelando e valorizzando la biodiversità che contribuisce alla costruzione della
ruralità intesa come produttrice di coesione sociale, di appartenenza al
luogo, di salute e di stili di vita”.
Nate spontaneamente in Toscana, si sono riconosciute come previsto
dall’art. 13 della L. 194/2015. Sono ambiti locali derivanti da accordi tra
agricoltori locali, agricoltori e allevatori custodi, gruppi di acquisto
solidale, istituti scolastici e universitari, centri di ricerca,
associazioni per la tutela della qualità della biodiversità di interesse
agricolo e alimentare, mense scolastiche, ospedali, esercizi di
ristorazione, esercizi commerciali, piccole e medie imprese artigiane di
trasformazione agraria e alimentare e enti pubblici che hanno come
finalità quella di tutelare e valorizzare le risorse genetiche locali,
attraverso, ad esempio, lo sviluppo di filiere corte, la definizione di
accordi commerciali, lo studio del germoplasma locale, la condivisione dei
saperi locali e il coinvolgimento della cittadinanza.