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Si è celebrata anche a San Giuliano Terme la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie 2021.
Organizzata dalle associazioni Avviso Pubblico e Libera, la manifestazione è giunta alla ventiseiesima edizione e dal 2017 è riconosciuta ufficialmente da una legge dello Stato. La manifestazione di oggi ha avuto luogo in piazza Vittime delle mafie nella frazione di Campo.
Hanno partecipato: Lucia Scatena (vicesindaca di San Giuliano Terme con delega alla legalità), Sergio Di Maio (sindaco di San Giuliano Terme), Matteo Cecchelli (consigliere comunale di San Giuliano Terme e componente del direttivo nazionale di Avviso Pubblico), Giulio Benigni (volontario del presidio Libera “Giancarlo Siani” di Pisa), Luca Salutini (giudice in pensione e ambasciatore della legalità per il Tribunale di Pisa), Luca Cavallini e Rita Nicastro Nicastro (del circolo Arci Casa del Popolo di Campo) e don Luca Facchini (parroco di San Giusto e San Bartolomeo a Campo).
QUI per rivedere l’evento trasmesso sulla pagina Facebook del Comune di San Giuliano Terme.
Di séguito, l’intervento della vicesindaca con delega alla legalità Lucia Scatena.
La comunità di San Giuliano Terme si dimostra ancora una volta molto attenta a celebrare ricorrenze che qualcuno, ancora oggi, ritiene “di parte”, come se sulla lotta alle mafie ci si potesse dividere.
Essere qui oggi, infatti, è una scelta. Lo ricordiamo spesso anche per il 25 aprile e per altre ricorrenze che hanno posto le basi per la libertà di cui ancora oggi godiamo.
Il tema della lotta alla mafia, col passare degli anni, sembra via via passato in secondo piano, di sicuro mediaticamente. Fanno felice eccezione Avviso Pubblico e Libera, che ringrazio per aver fondato e organizzato la giornata odierna e per il grandissimo lavoro che svolgono anche quando i riflettori si spengono. Grazie in particolare ai loro rappresentanti che sono qui, oggi, nella frazione di Campo, in questa piazza intitolata proprio alle vittime delle mafie.
Forse se ne parla di meno perché la mafia ha cambiato il suo modo di operare e prosperare ai danni dello Stato, e quindi di tutti noi. Dalla mafia stragista siamo passati a quella affarista, che ha progressivamente abbattuto la barriera geografica che tradizionalmente la confinava nel Sud del nostro Paese: non è più così e non sarebbe giusto per le tantissime persone che, proprio dal Sud, si sono sempre opposte a questo “fenomeno umano”, come lo chiamava Falcone, pagando talvolta il prezzo più alto, quello della propria vita. Parlerei, oggi, di “cultura mafiosa”.
Falcone e Borsellino sono diventati loro malgrado dei simboli della lotta alla mafia, ma va sottolineato che la mafia non ha ucciso solo magistrati, ma anche poliziotti, giornalisti (penso a Giancarlo Siani e a Peppino Impastato), sacerdoti (don Diana e don Puglisi, ad esempio). Anche per loro, per tutti loro, va ricordato che la mafia si combatte abbandonando ogni omertà, ogni collusione, ogni mano tesa al di fuori della legge. Alla “cultura mafiosa” dobbiamo opporre la “cultura antimafia”: intanto, tornando a parlarne con forza, restituendole un posto nella prima fila delle nostre priorità.
Questa cultura si deve diffondere a partire dai giovani, dalle scuole: Peppino, a cui è dedicata la sala lettura della nostra biblioteca comunale, aveva trent’anni quando è stato ucciso, ma il suo esempio di libertà ha formato le generazioni successive e il compito di chi amministra la cosa pubblica non può prescindere dalla sua storia e di quella di altri promotori della cultura antimafia, che è, a ben vedere, educazione alla bellezza.