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L’asimmetria dentale ha effetti sulle aree del cervello associate alla memoria e può causare malattie legate a deficit cognitivi come la demenza. La scoperta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista del gruppo Nature “Scientific Reports” e condotto da un gruppo di ricercatori dei dipartimenti di “Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia” e “Scienze Veterinarie” dell’Università di Pisa e dal Dr. Vincenzo De Cicco, medico odontoiatra di Pescara, promotore di approcci innovativi nel campo degli interventi protesici.
“I risultati della ricerca indicano che il movimento della mandibola e il contatto fra i denti possono influenzare l’attenzione, le funzioni cognitive e i processi plastici cerebrali” ha spiegato la dottoressa Maria Paola Tramonti Fantozzi, primo autore dell’articolo, nonché assegnista del Dipartimento di Ricerca Traslazionale. Secondo lo studio, l’asimmetria di denti e mandibole provocherebbe infatti una serie di asimmetrie a catena: muscoli più sviluppati e pupilla con diametro più grande da un lato sino alla modificazione unilaterale di alcuni geni associati alla memoria. La sperimentazione alla base della ricerca è stata eseguita in volontari sani che, durante il morso, attivavano maggiormente i muscoli di un lato rispetto all’altro. Molti di essi non lamentavano disturbo durante il movimento della mandibola, ma tutti presentavano, oltre a questa asimmetria muscolare, anche un’asimmetria del diametro pupillare. I ricercatori hanno osservato che correggendo l’occlusione con un bite costruito ad hoc, si eliminavano sia l’asimmetria muscolare che quella delle pupille e che i soggetti miglioravano significativamente la performance nei test di abilità visuo-spaziale. Gli esperimenti condotti sui modelli animali hanno inoltre mostrato che la sezione unilaterale di alcune diramazioni nervose dentali produceva, nel giro di uno o due mesi, una modificazione asimmetrica dell’espressione di alcuni geni importanti per la regolazione della plasticità neuronale, a livello della corteccia cerebrale e dell’ippocampo, la zona del cervello associata alla memoria.
“L’asimmetria pupillare associata a quella muscolare ci fa pensare che le asimmetrie del nervo trigemino, quello che innerva gran parte della bocca, sbilancino l’attività dei sistemi che regolano il diametro pupillare e l’eccitabilità del cervello, creando un’asimmetria a livello degli emisferi cerebrali, che peggiora la prestazione cognitiva – ha detto la dottoressa Tramonti Fantozzi – Inoltre, le modificazioni a lungo termine nei geni che regolano la plasticità neuronale indicano che le disfunzioni trigeminali potrebbero peggiorare nel tempo la nostra memoria e le nostre capacità intellettuali, con potenziali applicazioni anche alle patologie neurodegenerative”.
“Questo lavoro testimonia il ruolo importante che l’Università può giocare nella società moderna – ha concluso il professore Diego Manzoni dell’Ateneo pisano coordinatore del gruppo di ricerca interdipartimentale – ovvero mettere a fuoco le domande che nascono dalle molteplici attività umane come in questo caso dalla pratica clinica dell’amico e collega dentista Dr. De Cicco, così da trovare risposte per aumentare la nostra capacità di comprendere la realtà e di migliorarla”.