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Italian Horse Protection ha inviato una segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in merito alla promozione del latte di cavalla fatta dalla ditta Equimilk che basa le proprie politiche commerciali sulle presunte proprietà anti Covid di questo prodotto.
Sia sul sito equimilk.it che sulla pagina Facebook “Equimilk – Latte di cavalla” viene messo in evidenza il contenuto di lattoferrina nel latte delle giumente e viene citato uno studio dell’Università di Tor Vergata di Roma secondo cui la lattoferrina, riducendo il ferro nell’organismo, toglierebbe nutrimento al virus e quindi ne impedirebbe la propagazione.
“Lo studio di Tor Vergata non ha alcuna conclusione scientifica apprezzabile ed è basato su un’ipotesi tutta da verificare: dunque, ad oggi, non ha nessuna attendibilità – dice il presidente di IHP, Sonny Richichi -. Tuttavia, alcuni ‘furbetti’, sull’onda emotiva della notizia, nei mesi scorsi avevano iniziato a produrre integratori a base di lattoferrina e a promuoverli sul mercato. La stessa cosa ha fatto Equimilk nel pubblicizzare il latte di cavalla. A seguito delle smentite e dei passi indietro fatti dagli stessi ricercatoti di Tor Vergata, la pubblicità della lattoferrina come ‘alleato anti Covid’ è andata scemando. Tranne che per Equimilk, che ancora oggi mantiene sul sito e sulla pagina Facebook le stesse argomentazioni prive di fondamento scientifico”.
“La dottoressa Falconi, medico veterinario e titolare della ditta, dichiara che il latte di cavalla è indicato per i neonati e i bambini come sostituto del latte materno. Anche qui viene smentita clamorosamente da un articolo pubblicato nel 2018 da vari medici e ricercatori sulla Rivista di Immunologia Pediatrica, dove tra le altre cose si legge che il latte di cavalla e di asina non possono essere presi in considerazione nel primo anno di vita, specialmente se non modificati per renderli più adatti ai fabbisogni energetici e nutrizionali del lattante”, prosegue il presidente di IHP che aggiunge:
“A parte la questione della presunta pubblicità ingannevole, c’è un altro importante aspetto da considerare ed è quello etico: la produzione di latte di cavalla, come quella di altri animali, si basa sulla sottrazione di latte ai legittimi beneficiari, che in questo caso sono i puledri, e sulla loro successiva vendita quasi sempre a scopo di macellazione, come ci ha dichiarato al telefono uno dei responsabili dell’allevamento. A partire dal secondo mese di vita, dovendo prelevare il latte alla mamma, al puledro viene tolta la possibilità di allattare per alcune ore al giorno, addirittura usando una museruola. Al giorno d’oggi ormai molti medici e consumatori si sono resi conto che somministrare a un umano il latte di altre specie animali non solo non ha alcun vantaggio, ma addirittura può avere effetti negativi sulla salute, oltre a rappresentare una forma di schiavitù degli animali e di continue sofferenze date dal distacco mamma-piccolo, ingiustificabili per una società civile. In questo contesto, proporre sul mercato un nuovo prodotto come questo è anacronistico ed è, a nostro parere, una forma di sfruttamento inaccettabile che siamo pronti a contrastare con ogni mezzo”, conclude Richichi.