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Tesi, associazione in pista: ” No alla guerra fra Firenze e Pisa”

In una epoca nella quale le informazioni viaggiano in tempo reale, le merci vengono scambiate in un mercato globale unico, la tecnologia e le competenze influenzeranno i rapporti di lavoro, il mancato sviluppo demografico condizionerà la crescita economica del nostro paese e le politiche immigratorie saranno, di conseguenza, decisive, sentire parlare di Battaglia di Cascina del 1364 o di “pisano della provincia” in riferimento al Presidente Rossi, fa cadere le braccia e fa ben capire il tono di certi articoli. Ed ancora leggiamo espressioni quali “minaccia alla Porta della Toscana” e, in altro trafiletto, addirittura “sabotaggio sistematico” del Galilei.  

A corredo di questo tipo di linguaggio, rileva l’intervista all’ex Sindaco Fontanelli, da sempre acerrimo nemico dello sviluppo del Vespucci, la cui analisi poggia su un solo dato che non è chiaro se debba essere inteso come una presa d’atto della realtà economica o, più probabilmente, un auspicio: lo scenario post Coronavirus non sarà più quello di prima e questo implica un ridimensionamento del traffico aereo. Insomma, l’apocalisse governerà il nostro futuro e Firenze non potrà permettersi la nuova pista.   In modo più sottile ma con i medesimi auspicati effetti, sembra esprimersi il comandante Conzadori, in rappresentanza dei piccoli azionisti, che dichiara di non opporsi alla nuova pista del Vespucci ma invoca parimenti una linea comune da parte di tutte le istituzioni pisane coinvolte. Viene da chiedersi se in funzione anti-Firenze dopo aver citato la gravissima presa di posizione del Comune di Pisa. 

Fuor di metafora e ben al di sopra di qualsiasi analisi socioeconomica, si scontrano due visioni sul tema: Pisa rivendica il proprio ruolo di “Porta della Toscana” e vorrebbe farlo attribuendosi anche la veste di aeroporto di Firenze (preferibilmente come player unico), con tutti i benefici in termini economici che ne conseguirebbero. Non è un caso che Ryan Air nel 1999 fece richiesta di operare su Pisa con la nomenclatura di Firenze quale scalo di arrivo. È abbastanza ipotizzabile che, a quell’epoca, qualche passeggero proveniente dall’estero abbia pensato di volare su Firenze e si sarà trovato a scendere al Galilei.  Questa distorsione venne sanata nel 2003 rimuovendo questa curiosa anomalia. Dall’altra parte Firenze reclama l’attenzione che si deve ad un Capoluogo di Regione che è il principale attrattore di turismo della Toscana, si caratterizza per avere il territorio più popoloso ed esprime, nella sua area metropolitana, oltre il 30% di tutto il Pil regionale. 

Vi sono, a nostro parere, due modi per uscire da questa antipatica dicotomia: cercare di tenere insieme un sistema duale ma forte nel suo complesso, perché espressione di una entità territoriale più vasta rispetto alle aree di riferimento e, per questo, capace di esaltarne le rispettive peculiarità sociali ed economiche, oppure insistere nel rivendicare le proprie ragioni di campanile nel nome del prestigio e del tornaconto del proprio territorio.  Viviamo tempi nei quali le aggregazioni e le fusioni aziendali rappresentano il solo modo per stare sui mercati internazionali e dove “piccolo è bello” appartiene al trapassato remote. Come non capire che, domandarsi se una conceria di Santa Croce vale più di una pelletteria di Scandicci, è talmente miope da sfiorare l’autolesionismo. Chissà, magari l’una sarà fornitrice dell’altra. Di sicuro entrambe si rivolgeranno a chi offrirà loro servizi efficienti e funzionali, ovunque siano. Pensare ad una guerra Pisa contro Firenze, che rappresentano nel loro insieme due minuscoli quartieri di Shangai, fa ridere per non piangere. 

Purtroppo è di tutta evidenza che la stragrande maggioranza della classe politica pisana preferisce il modello Ceccardiano del “Prima Pisa” rispetto ad una visione più ampia della questione. Dal Sindaco Leghista che fa il suo “dovere” di azionista di minoranza di Toscana Aeroporti alla consueta sinistra, perennemente divisa da oltre trentanni. Sembra una era fa ma come non ricordare l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, il 19 marzo 2019, dichiarava che “bisogna ingrandire l’aeroporto di Firenze”, togliendo le castagne dal fuoco di un incerto e contraddittorio dibattito in seno alla Lega fiorentina, divisa al suo interno e, a sua volta, in disaccordo con il resto del partito ed i suoi esponenti della costa. 

A noi non piace questo clima di scontro, alimentato quasi esclusivamente dal versante pisano ed avremmo preferito il dialogo alle rivendicazioni di parte. Se questo deve però essere il terreno di confronto, che si prenda atto che è il mercato a stabilire l’appetibilità di una destinazione. Se le compagnie aeree tradizionali preferiscono investire su Firenze pagando profumatamente per volare su questo aeroporto, diversa è la situazione di Pisa che è invece costretta a pagare le compagnie No frills per ospitarle presso il Galilei. Si deve però sapere che questo costo (oltre 10 milioni di euro l’anno) lo sostiene Toscana Aeroporti a testimonianza di quanto sia importante fare sistema. Sarebbe perfino troppo scontato affermare che sono i ricavi del Vespucci a tenere in vita il Galilei ma questa – pur non trattandosi di un dettaglio – sarebbe una visione miope alla quale non vogliamo sottometterci, ribadendo la necessità di una politica aziendale comune ai due scali ed a sostegno dei rispettivi territori. 

Chiedere però a Firenze di farsi da parte (questa sarebbe la sostanza); insistere su un linguaggio del tipo “lobby fiorentine” (cosa hanno rappresentato Fontanelli ed i suoi epigoni nel corso del tempo? Non esistono le categorie economiche ed i gruppi di pressione a Pisa? Come si devono interpretare queste paginate del Tirreno che, correttamente, esprime la posizione unitaria della Toscana della costa?); leggere espressioni del tipo “la pista non si farà mai” ( si lasci dire eventualmente a chi amministra la regione; e non è un dettaglio!); mentire sapendo di farlo, nel sostenere che l’aeroporto di Pisa dista da Firenze 70 km (sono 82!!), ebbene tutto questo armamentario di polemiche e toni, non possono che essere rigettati ai rispettivi mittenti, rifiutando di adeguarsi a contese sterili, inconcludenti e fini a se stesse.  Lasciamo poi perdere la questione del collegamento ferroviario con Firenze. Ancora nessuno è stato capace di indicare chi sarà l’ente che tirerà fuori, al di là delle complessità tecniche, dai 2 agli 8 miliardi di euro ( e non sono dettagli) per una linea ferroviaria di AC o addirittura per la vaneggiata AV, che sappiano offrire un reale servizio di Train Shuttle come accade in tutti gli aeroporti di certe dimensioni. Sarà forse lo stato per una linea di 80 km che servirebbe un aeroporto di medie dimensioni e con un numero di utenti che mai ripagherebbe un investimento di tale portata? Non ci sembra esattamente un dettaglio! 

Né deve spaventare il fatto che la gestione delle società aeroportuali passi in mano privata, attraverso lo strumento delle concessioni che trasferisce la titolarità di un diritto in capo ad un privato ma non garantisce la proprietà delle strutture che restano in mano al demanio aeronautico. È bene ribadire che tutti gli aeroporti civili sono di proprietà dello stato.  Preferiamo però quale gestore, una società solida e ad alto know-how nel proprio settore come Corporación America rispetto ad altri tipi di configurazioni societarie che avrebbero una minora capacità di investimenti e di adeguamento alle sollecitazioni del mercato. Stiamo parlando di una società che gestisce oltre 50 scali nel mondo, è quotata alla borsa di New York e, nel 2017, ha servito oltre 75 milioni di passeggeri nel mondo. Se poi pensiamo a come lo stato ha gestito l’affaire Alitalia, tanto per restare in ambito aeronautico, che siano benvenuti i privati in concessione (e questo è un grande dettaglio da tenere in conto!). 

La nostra Associazione sostiene la nuova pista dell’aeroporto di Peretola ma mai ci sentirete osteggiare lo sviluppo di Pisa. Abbiamo ben chiaro che sono due realtà che si tengono insieme e che l’una ha bisogno dell’altra. Pensare di affrontare una questione così complessa con concetti del tipo “prima Pisa”, significa non capire che le sfide della modernità si affrontano facendo sistema e cercando di trovare soluzioni condivise a questioni sicuramente complesse. La sola cosa da evitare è che, mentre si discute all’infinito e si attende che si affermi il concetto del prima qualcuno, non ci si rende conto che qualcun altro, spettatore interessato per la sua vicinanza, è già pronto a raccogliere questa sfida ed a fare un solo boccone di tutti i guelfi e ghibellini della nostra regione e delle loro anacronistiche dispute. 

Per quanto riguarda la nostra Associazione, agli stendardi ghibellini della battaglia di Montecatini del 1315 così come alla rivincita di Cascina del 1364, preferiamo il plebiscito di annessione della Toscana al Regno d’Italia nel 1860. Se non si fosse capito, preferiamo ciò che unisce a ciò che divide e pensiamo che questo debba essere il proposito che deve unire tutti gli attori in campo. Cominciando da Pisa, come appare di tutta evidenza”.