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Ieri pomeriggio alla Libreria Civico 14 Marina di Pisa si è tenuta la presentazione del libro “Arselle” di Fabiano Corsini e Michele Lischi. (Felici Editore): diretta Facebook sulle pagine di civico14libreria e circoloilfortino.
Sulla copertina del libro “Arselle” Il quadro naif di Rino Cecchetti, pittore e pescatore marinese, mostra un gruppo di imperturbabili giocatori di carte, al Fortino. Niente pare possa riuscire a scalfire quella loro concentrazione sul gioco, incuranti del tempo e degli eventi di una politica nel tempo più o meno burrascosa. Quel quadro, aggiornato all’epoca di oggi, mostra quelle stesse persone nel loro gioco che pare eterno, con il volto nascosta dalla mascherina protettiva. Certo, quando l’editore Felici e Fabiano Corsini avevano programmato l’uscita del libro non immaginavano quello che in realtà poi è successo: i circoli sono chiusi, a carte non si può giocare, la presentazione del libro si fa con la diretta Facebook. In libreria, con l’autore, presente Michele Lischi, cui si deve la scelta delle foto che corredano il racconto, selezionate negli archivi di famiglia. Dal remoto le incursioni di Marco Azzurrini, di Astore Ricoveri, di Alessandro Garzella, intervallate da foto e filmati storici.
LA STORIA
Il tempo del racconto è quello del dopoguerra, un dopoguerra che Corsini fa finire con la chiusura del “Cantiere”, la fabbrica di Marina di Pisa che una volta si chiamava Cmasa, poi Fiat e infine Motofides. Si narrano le vicende delle persone che abitavano il quartiere del Fortino. Dunque storie di gente semplice che in quegli anni difficili era alla ricerca di un modo per sopravvivere. La vicenda corale si intreccia con la storia della fabbrica e con quella di un circolo, sbocciato come un fiore di speranza tra operai, imbianchini, pescatori. Siamo a Boccadarno, un luogo dove i capannoni industriali si mescolano a un paesaggio sognante, dove sopravvivono le
capanne di legno coperte di falasco, le ville liberty, il ricordo della Regina che pescava “diladdarno”. Qui, negli anni del racconto, vengono gli attori degli studios di Tirrenia a cercare di Janett o di Gino. Passa il Giro d’Italia, arrivano nelle case le televisioni, si soffre per la sabbia delle spiagge che se ne va e si pensa ormai che il futuro sia in quella strana e meravigliosa macchinetta, la Cinquecento.
La prima edizione di Arselle, quasi mille e cinquecento copie, andò rapidamente esaurita e dunque ha fatto bene Fabrizio Felici a riproporla, per tutti quelli che ancora il libro non l’hanno letto e per quelli, amanti di Marina e della storia locale, che potranno oggi apprezzare gli inserti fotografici, un repertorio di immagini quasi tutte inedite, proposte da Michele Lischi. Per il libro, introdotto da una premessa dell’editore, ha una prefazione di Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food, e una nota finale di Athos Bigongiali.
“Arselle al Fortino di Boccadarno”. Felici Editore
dalla presentazioni on line:
Il mare, il libeccio, il pesce, gli attori che fanno il cinema a Tirrenia e che vengono a Marina di Pisa a mangiare il “pasto di bordo”. La vita del dopoguerra, così come si svolgeva nelle case del Fortino, il quartiere brulicante di operai del Cantiere e di tanta gente che si ingegnava a
conciliare il pranzo con la cena. Arselle, cicale, muggini, una cucina che ricorda le emozioni che si mischiano con gli odori della pineta e della vernice fresca delle cabine che a primavera si preparavano ad accogliere i villeggianti. I licenziamenti del 1957 arrivano come una ferita
che segna dolorosamente e per sempre quelle vite e quel paese. Il racconto è scandito dalla vicenda di Michele e della sua famiglia, insieme con quella del Circolo “Il Fortino”, dove un tavolo occupato da imperturbabili giocatori di carte segna il tempo che passa. Sullo sfondo, una Marina di Pisa ricordata con gli stessi accenti con i quali la descrisse nel 1952 Vittorio De Sica nel film “Stazione Termini”.
Dai materiali del libro:
Quando, nel flm “Stazione Termini” (1953) si trattò di dare al sogno del
paese natìo raccontata alla donna amata una dimensione intensa, di
t r a s f o r m a r l o i n u n a s p e c i e d i p o e s i a d e l l a n o s t a l g i a e
dell’irrimediabilmente perduto, De Sica fece parlare Montgomery Clift,
il protagonista, di un paese straordinario, dove la gente viveva felice
senza grandi ricchezze. Dove si prendeva l’acqua dal pozzo, ci si faceva
aiutare dagli asini. Dove si sentiva l’uggia del vento di libeccio, e quando
si scatenava la pioggia andava via la corrente. Il luogo da sogno evocato
nel film è Marina di Pisa.
Montgomery Clift: “Maria, Maria, Maria, mi figuravo tutto così diverso…
Mi hanno offerto quel posto all’Università di Pisa, dove insegnava mio
padre. Speravo che tu ed io potessimo vivere a Marina di Pisa, nella
casa dove sono nato. Ti piacerebbe quella casa vicina al mare. Io
insegnerei a Catia a remare… Non posso dirti bugie… Lì non è un
paradiso. Non sono un uomo ricco. L’acqua la prendiamo dal pozzo e
ogni volta che c’è un temporale l’elettricità se ne va. Quando soffia il
vento dall’Africa fa molto caldo, dà sui nervi, e tutti litigano.
Chi ha scritto queste cose deve aver vissuto da queste parti. Deve aver
provato l’emozione del vento che fa diventare tutti nervosi, e condiviso
l’esperienza della luce che se ne va quando ci sono i temporali.
Accadeva alla fine degli anni ’40, come narra il film, accade oggi. È forse
Vittorio De Sica, che conosceva questo paese, perché agli stabilimenti di
Tirrenia aveva lavorato molte volte. I dialoghi sono probabilmente di
Luigi Chiarini, uno dei due sceneggiatori, che fu docente all’Università
di Pisa. La scena comunque raggiunge il suo obiettivo. Il vento, il pozzo,
l’asino, il bar dove gli uomini vanno, da soli, a giocare a carte. Sono gli
stessi tratti con cui si apre il racconto dell’arrivo a Marina di Felice e
Fernanda . Ma non c’è la ricerca del pittoresco, non è una cartolina di
maniera. Non lo è nel film di De Sica, non lo è nel racconto di “Arselle”,
che cerca di narrare la Marina di Pisa come veramente era, prima che
fosse toccata dalle ruspe della modernità. È l’incanto di Boccadarno, che
fa il suo giro.