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I numeri lo confermano. Gli investimenti in Toscana proseguono e fanno bene anche al tessuto delle tante piccole e medie imprese. Nuovi investimenti ci sono stati anche in questi mesi difficili di congiuntura internazionale, con gli scambi commerciali frenati dalla pandemia in corso. Investimenti italiani e investimenti stranieri. E il modello di attrazione messo in campo dalla Regione Toscana dimostra dunque di funzionare, con una struttura agile che trova da dieci anni, dal 2010, la cabina di regia
incardinata nella presidenza della Regione e ‘ambasciatori’ del mondo
produttivo e non solo – novità dal 2018, un’idea presa a prestito da
Scozia e Irlanda – capaci di spiegare all’estero le opportunità di
investimento in Toscana: una sorta di ‘influencers’ (o più precisamente
di advisor), manager, imprenditori ed esperti di valore riconosciuto,
rappresentati da chi in Toscana è nato, ci ha lavorato o tuttora ci lavora
e che con la Regione ha interagito nell’ambito di casi significativi.
Di tutto questo, dell’esperienza degli ultimi dieci anni di “Invest in
Tuscany” e degli scenari per il futuro prossimo – dall’economia verde
alla trasformazione digitale, dal ritorno in Italia (grazie proprio
all’evoluzione tech) di imprese che avevano delocalizzato parte della
produzione all’estero, di Recovery Fund anche – si è discusso nel
pomeriggio nel cIn Toscana la Regione prende per mano l’investitoreorso di
un incontro on line, presente il presidente della Toscana Eugenio Giani ed
anche il sottosegretario allo sviluppo economico Manzella, che presiede
anche il Comitato interministeriale degli investimenti esteri (Caie), nato
nel 2017 ed entrato nella piena operatività con l’attuale governo, dove
sono rappresentati più Ministeri e al cui interno la Toscana esprime il
rappresentante delle Regioni designato dalla Conferenza delle Regioni e
Province autonome.
Il trend, probabilmente sottostimato, dal 2015 ad oggi rivela una crescita
costante di investimenti in Toscana, non solo stranieri: 35 per 1,4
miliardi il primo anno, 68 per 2,5 miliardi nel 2016, 97 investimenti per
2,3 miliardi di euro nel 2017, 99 per 1,9 miliardi nel 2018 e 104 per 2,7
miliardi nel 2019. Si tratta di investimenti che hanno generato anche posti
di lavoro. E pure nel 2020, con dati ancora parziali, già ne sono stati
registrati 52 (il 56 per cento italiani e il 44 per cento stranieri) per un
valore complessivo di circa un miliardo: per poco più della metà
acquisizioni, per poco meno di un terzo espansioni di aziende che già
operavano, per il 15 per cento nuovi investimenti. Ne sono un esempio la
posa del “primo albero” del nuovo stabilimento della Fendi Factory a
Bagno a Ripoli, l’inaugurazione virtuale del nuovo centro logistico Ups a
Prato, il riscatto congiunto di Inso dalla procedura di amministrazione
straordinaria tramite Fincantieri e Sici Sgr, con un coinvolgimento
indiretto di Regione Toscana.
Dove si investe di più? Se ci concentriamo sul solo 2020 il settore della
moda guida la classifica con il 29 per cento, seguito da scienze della vita
(17 per cento), turismo (15 per cento) e mercato immobiliare (10 per
cento). E’ trainante l’area fiorentina, dove si concentra il 44 per cento
degli investimenti, seguita da Pisa (17 per cento), Arezzo (13 per cento) e
Siena (6 per cento). Tra il 2018 e il 2020 sono stati firmati una
quarantina di protocolli d’intesa tra Regione, amministrazioni locali ed
imprese e negli stessi tre anni “Invest in Tuscany” ha fornito
assistenza a circa sessanta progetti di investimento. Nel periodo di
lockdown oltre novanta sono stati gli incontri in videoconferenza con
aziende a controllo estero. In questa fase di rallentamento l’attività si
è concentrata sull’assistenza e l’attività di relazione con imprese già
presenti nella regione, in modo da favorire progetti di espansione e
scongiurare possibili disinvestimenti. Ma si è lavorato anche sulla
comunicazione, per rilanciare l’immagine di un territorio ricco di
opportunità.
La Toscana è una regione dove le multinazionali già c’erano, ma che ha
saputo attrarre nuovi investimenti in questi ultimi dieci anni: a volte
anche semplicemente fornendo risposte chiare e veloci. Il che potrebbe
sembrare quasi ‘banale’, il classico uovo di Colombo, ma che è stata una
ricetta che ha pagato. Questa spinta nella quantità e nella qualità degli
investimenti ha avuto poi un effetto traino per le piccole e medie imprese,
che nella regione sono il 95 per cento di tutte le aziende e che hanno
potuto affacciarsi con i loro prodotti sui mercati stranieri o lavorare
nell’indotto.
Il conto aggiornato vede oggi presenti in Toscana 785 società che
appartengono a 573 gruppi a controllo estero. Due anni fa erano,
rispettivamente, poche più di settecento e cinquecento. Sono dunque
cresciute. Il 59 per cento fa capo all’Unione europea, il 17 per cento
all’America settentrionale e il 9 per cento all’Asia orientale. Per
numerosità delle imprese il primo Paese investitore sono gli Stati Uniti
d’America (144 società), seguiti dalla Francia (130) e dal Regno Unito
(73). Per fatturato la classifica però si muove ed è la Francia a salire
sul podio più alto, con 9 miliardi di euro nel 2018, seguita dagli Stati
Uniti (quasi 4 miliardi). La Svizzera vale 2 miliardi e 841 milioni (51 le
società), la Germania 1 miliardo e 736 milioni, il Giappone 1 miliardo e
349 milioni e la Cina (29 società e 26 gruppi) poco più di un miliardo.
La Francia primeggia anche per numero di addetti, con oltre 20 mila.
Il 29 per cento di tutte le società attive in Toscana riconducibili a
gruppi stranieri operano nel manifatturiero, il 20 per cento nel commercio
all’ingrosso. Generano complessivamente quasi 28 miliardi di fatturato –
erano 25 un paio di anni fa – ed impiegano 62 mila addetti, cresciuti negli
ultimi anni di seimila unità.
Le multinazionali che scelgono la Toscana lo fanno per la qualità della
ricerca, la competenza della forza lavoro, la coesione sociale e la
stabilità istituzionale.
Quello toscano di “Invest in Tuscany” sull’attrazione degli
investimenti è un modello, snello e dai buoni frutti, che ha fatto scuola
in Italia, tra gli esempi di buona pratica nello scenario nazionale come lo
stesso sottosegretario Manzella aveva già evidenziato nel 2019 e come
ritengono pure molte imprese e diversi osservatori indipendenti.
Fdi Markets- Financial Times ha attestato come, nel quinquennio 2014-2018,
la Toscana – subito dopo Lombardia e Lazio – sia stata la terza regione per
investimenti diretti esteri in Italia. Secondo un’altra analisi di Ernst &
Young – Oco Global nel 2018 la Toscana è stata addirittura la seconda
regione in Italia, dopo la Lombardia, per capacità di attrarre
investimenti dall’estero.
Lo ‘sportello’ di “Invest in Tuscany”, che fa capo direttamente alla
presidenza della Regione, fu messo in campo nel 2010 ed è stato rafforzato
nel 2016, snello (visto che vi lavorano una decina di persone) e con una
ricetta in fondo semplice ma efficace: dare risposte veloci, risolvere
problemi e diventare punto di riferimento credibile a disposizione di chi
già in Toscana c’era e voleva crescere e di chi in Toscana voleva venire,
aiutando gli uni e gli altri a farsi strada nella ragnatela della
burocrazia e delle competenze ripartite spesso in modo complicato tra più
amministrazioni, prendendo letteralmente ‘per mano’ l’investitore.
La Regione con “Invest in Tuscany” ha saputo ascoltare le esigenze
delle aziende, fornire informazioni, ricercare aree di insediamento,
coordinare percorsi amministrativi interni ed esterni cercando comunque
soluzioni di grande qualità con attenzione anche alla sostenibilità
ambientale, creare contatti con imprese fornitrici del posto, con le
università e con gli enti pubblici.