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In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’associazione Casa della donna ha presentato stamani, in diretta Facebook, i dati relativi all’attività del centro antiviolenza nel 2020. “Un anno terribile per le donne”, lo hanno definito Giovanna Zitiello, coordinatrice del centro antiviolenza della Casa della donna, e Francesca Pidone, coordinatrice del Telefono Donna. “Nel 2020 abbiamo registrato un aumento senza precedenti delle telefonate al centro antiviolenza”. Dal 1 gennaio al 15 novembre il Telefono Donna, la linea di ascolto e accoglienza del centro antiviolenza pisano (che risponde al numero 050 561628), ha ricevuto 1.296 telefonate, un record rispetto al 2019 (1.149) e agli anni precedenti. L’aumento delle chiamate si registra soprattutto con l’inizio dell’emergenza coronavirus, in particolare dalla fine del lockdown di primavera, con un picco tra giugno e luglio. A telefonare sono state 409 donne (363 nel 2019), un numero mai toccato fino ad oggi. Ben 312 hanno contattato il Telefono Donna per la prima volta e per 220 donne sono stati attivati percorsi di uscita dalla violenza.
Secondo la coordinatrice del centro antiviolenza pisano Giovanna Zitiello, il forte aumento delle telefonate e delle donne che si sono rivolte alla linea di ascolto è strettamente connesso alla pandemia. “A marzo e aprile, in piena emergenza, ci hanno contattate 55 donne, un numero alto ma è soprattutto dalla fine del lockdown che abbiamo registrato un aumento importante delle richieste di aiuto”, sottolinea Zitiello. “Da maggio ad oggi ci hanno contattate 207 donne su un totale di 409, con una media di 30 donne al mese e con un picco tra giugno e luglio. Un aumento che non deve affatto sorprenderci. La fine dell’isolamento domestico – continua Zitiello – ha comportato un allentamento dell’enorme controllo e pressione a cui erano sottoposte le donne tra marzo e aprile. In molte hanno detto che ci chiamavano perché non volevano più vivere i maltrattamenti, gli abusi che avevano vissuto durante il lockdown. Ciò che avevano subito in quei mesi era stato terribile. Così da maggio, non più costrette a casa, più libere di muoversi e pensare, hanno trovato la forza di chiamarci. Avere consapevolezza della violenza a cui si è sottoposte – afferma Zitiello – è il primo passo per uscirne. E per compiere quel passo ci vuole tanta forza e coraggio, soprattutto durante un’emergenza di questa portata, che non può che amplificare la paura di non farcela, l’ansia per il futuro, il senso di precarietà. Ecco perché i dati che presentiamo oggi non sono ‘solo numeri’ e non ci parlano solo di violenza: raccontano anche la grande forza delle donne, la loro capacità di reagire e ricominciare una nuova vita”.
A chiamare il Telefono Donna sono soprattutto donne tra 30 e 49 anni, in continuità con gli anni precedenti, ma c’è una tendenza all’aumento per la fascia d’età 18-29 anni. Oltre il 74% è italiana e nel 49,6% dei casi sono donne con figli/e. La maggioranza lavora, è sposata/convivente oppure separata/divorziata. Rispetto alla tipologia di violenze, le donne subiscono soprattutto violenze di tipo psicologico (82,8%) e fisico (54,2%), seguono la violenza economica (17,1%) e lo stalking (6,3%).
La gran parte dichiara di essere venuta a conoscenza del centro antiviolenza attraverso internet e mass media, a seguire il passaparola di amiche e familiari. “È la prima volta – sottolinea Francesca Pidone, coordinatrice del Telefono Donna – che il primo canale di informazione risulta essere internet e mass media. Fino ad oggi, infatti, era il passaparola. Anche questo ci appare un effetto della pandemia: non solo in questi mesi le donne, come tutti, hanno trascorso più tempo online e ascoltando radio e tv, ma su media, web e social sono aumentate le campagne di informazione, anche da parte del nostro centro antiviolenza, e questo ha senz’altro aiutato, ha spinto più donne a chiedere aiuto”.
Rispetto alla provenienza geografica, delle 409 donne che nel 2020 hanno contattato il centro antiviolenza della Casa della donna, 200 sono residenti nei comuni della zona pisana, il resto abita in Toscana o fuori regione. In particolare, per la zona pisana, i numeri più alti si segnalano a Pisa, Cascina, San Giuliano Terme, Calci.
E chi sono i maltrattanti? Anche i dati di quest’anno confermano un profilo ormai noto da tempo: si tratta soprattutto di uomini tra 30 e 49 anni, nel 70% dei casi di nazionalità italiana, in gran parte occupati, partner o ex partner. “Tuttavia – precisa Francesca Pidone – rispetto agli anni passati, nel 2020 abbiamo notato un aumento lieve (3%) ma significativo di donne che hanno subito violenza dai familiari (12%), come padri o fratelli. Si tratta di un altro effetto della pandemia e della vita obbligata tra le mura domestiche”.
Come nel 2019 rimane contenuto il numero di donne che denuncia la violenza, ovvero il 24%. Il dato, però, risulta superiore alla media nazionale del 14% e negli anni registra un costante, seppur contenuto, aumento. Nel 2018 era infatti il 22%.
“C’è poi un altro dato che fa riflettere, strettamente connesso all’isolamento domiciliare imposto dalla pandemia”, sottolinea Francesca Pidone. “Tra le donne che ci hanno chiesto aiuto in questi mesi di emergenza, ben 32 hanno espressamente chiesto di poter entrare nella nostra casa rifugio, perché sentivano forte e urgente il bisogno di allontanarsi dal proprio domicilio. Nel 2019 sono state 20. Quindi nel 2020, anche per effetto del lockdown, è aumentato il numero di donne che si è sentita in pericolo in casa propria e che avvertiva la necessità di trasferirsi in un luogo sicuro. Un dato preoccupante – osserva Pidone – ma che rappresenta anche una spia importante della consapevolezza acquisita dalle donne che subiscono violenza domestica. Il fatto che le donne si rendano conto per tempo di essere in pericolo e che, nonostante le difficoltà dovute all’emergenza, siano capaci di chiedere aiuto per allontanarsi dal maltrattante contribuisce a ridurre il numero di femminicidi. Nel 2020 in Italia si sono verificati 59 femminicidi, di cui 16 solo tra marzo e maggio. Senza il lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio – conclude – questo numero sarebbe certo più alto”.
Sintesi dati 2020 Centro antiviolenza
(1 gennaio – 15 novembre 2020)