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Le polemiche di giugno e luglio sembrano lontane ormai: con l’esplosione della preannunciata seconda ondata di contagi, le proteste e i flash mob di Confcommercio, con al fianco esponenti della giunta Conti, davanti al Rettorato sembrano ricordi di un’epoca passata. Altre Università hanno fatto scelte differenti, consentendo agli studenti di scegliere tra la didattica a distanza e quella in presenza, ma hanno dovuto riscontrare nelle scorse settimane il bassissimo numero di studenti che hanno optato per tornare in aula, oltre alle difficoltà che questa impostazione didattica “mista” comporta per lo svolgimento delle lezioni e del dialogo tra studenti e docenti.
Ha dimostrato la sua utilità invece la scelta dell’Ateneo di mettere a disposizione delle scuole secondarie le proprie aule rimaste vuote: molti studenti liceali pisani stanno riuscendo a fare lezioni in presenza proprio grazie a questa disponibilità. Abbiamo chiesto che il Comune faccia altrettanto, aprendo alle scuole le porte dei suoi spazi inutilizzati. Tutto questo riporta in primo piano l’importanza che un dialogo costruttivo tra Università e territorio riveste per una migliore gestione della vita cittadina.
Per questo abbiamo fatto una richiesta formale perché venga convocata urgentemente la CUT, in modo da riavviare un rapporto fondamentale per la costruzione della città di domani. Siamo convinti che l’epidemia di Covid-19 abbia portato alla luce in maniera evidente il ruolo decisivo che gli studenti giocano nell’economia cittadina, ma siamo ancora più persuasi che il modello di sviluppo e di rapporto tra città e mondo studentesco debba essere radicalmente modificato.
È necessario superare un approccio puramente parassitario e predatorio: lo studente non è solo un inquilino o un cliente obbligato dall’iscrizione all’Università a erogare denaro per i servizi di base offerti dalla città. Lo studente è una ricchezza per Pisa perché possiede capacità sociali, relazionali, culturali: sono queste che la città deve imparare a cogliere, apprezzare e potenziare offrendo possibilità di sviluppo di questa immensa risorsa di creatività ed energia. Spazi associativi, possibilità organizzative, messa a disposizione di risorse per realizzare progetti: solo così lo studente potrà instaurare un rapporto profondo e virtuoso con la città che lo porterà a rimanere, a mettere radici per portare a frutto ciò che ha imparato, promuovendo lo sviluppo sociale ed economico del territorio. Questa a nostro parere è la sfida che la pandemia lancia alla città di Pisa.
Questo significa superare un rapporto con gli studenti basato esclusivamente sulla formula “estrazione della ricchezza” + “repressione della movida”, formula che si è imposta sin dalle legislature di Filippeschi e che ha creato danni enormi alla città. La trasformazione del centro in un’area di erogazione alcolici e l’impoverimento culturale complessivo di Pisa sono i frutti malati questa impostazione. È ora di cambiare rotta.
Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile