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Una giornata particolare. Ne capitano circa 4 all’anno all’ospedale di Pontedera, anche in tempo di Covid. E al Coordinamento locale trapianti dell’ospedale di Pontedera, guidato dalla dottoressa Nicoletta Cioni, se le ricordano tutte. Anche quella dello scorso 20 ottobre, quando è stato avviato il secondo percorso per la donazione degli organi del 2020. Il donatore, stavolta, è stato un uomo, di circa 80 anni. L’equipe medica del Coordinamento, composta dai medici della struttura di Anestesia e rianimazione, della Neurologia e del blocco operatorio ha avviato la procedura di valutazione d’idoneità del donatore, assieme alla responsabile del percorso donativo (la dottoressa Tamara Biscioni) della struttura di terapia intensiva guidata dal dottor Paolo Carnesecchi, e in sinergia con i centri regionale e nazionale trapianti. Una volta ottenuto il via libera, è stata un’apposita equipe chirurgica dell’Azienda ospedaliera universitaria pisana ad effettuare il prelievo degli organi, destinati a cambiare per sempre la vita, e anche a salvarla, ad un’altra persona, che in un’altra parte d’Italia, aveva bisogno di un trapianto.
“Il percorso assistenziale di prelievo e trapianto di organi è tempo-dipendente e molto complesso –spiega la dottoressa Cioni– senza contare che con la pandemia di Covid in corso i procedimenti richiedono ancora maggiori accortezze. I nostri professionisti sanitari si sono impegnati per l’intera giornata e parte della nottata di martedì 20 ottobre per portare a termine la procedura. Ovviamente il percorso è stato condiviso con la famiglia del donatore e condotto secondo quanto predisposto dall’Organizzazione toscana trapianti, che prevede, tra l’altro, l’anonimato del donatore”.
“Questi risultati – dice il dottor Luca Nardi, direttore sanitario del presidio ospedaliero di Pontedera – sono prima di tutto frutto del senso etico dei nostri cittadini e delle loro famiglie. Si ritiene doveroso esprimere uno speciale ringraziamento alla famiglia del donatore che ha condiviso questo ambizioso percorso assistenziale, contribuendo a restituire una nuova prospettiva di vita a pazienti bisognosi, per i quali il trapianto rappresentava l’unica opzione terapeutica rimasta. Se da una parte è doveroso fare uno speciale ringraziamento a chi ha voluto e saputo esprimere un così alto senso di solidarietà umana, dall’altra è altrettanto doveroso ricordare il ruolo dei professionisti impegnati nel percorso ed in particolare i medici e gli infermieri della terapia intensiva, del blocco operatorio, della neurofisiopatologia, della radiologia e del coordinamento locale ospedaliero che come sempre hanno dimostrato la loro sensibilità alla terapia trapiantologica ed elevate capacità professionali, con un livello ottimale di integrazione multiprofessionale e multidisciplinare con i professionisti della rete nazionale trapiantologica”.