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C’è chi lavorava nell’economia sommersa e ora non sa più come andare avanti e chi, invece, avrebbe anche un impiego regolare e sarebbe in cassa integrazione ma non la percepisce e, dunque, si trova nella stessa situazione. La crisi economica e sociale conseguenza dell’emergenza sanitaria anche a Pisa ha colpito soprattutto il mondo del lavoro, in particolare quei segmenti e soggetti a maggior rischio di precarizzazione e meno provvisti di tutele. E di riflesso ha impattato anche sul vissuto quotidiano di tante famiglie, soprattutto giovani.
Continua ad estendersi anche a Pisa la fascia di soggetti a rischio povertà: la conferma arriva pure dall’ultimo report della Caritas diocesana, basato sulle informazioni relative alle persone seguite dall’organismo pastorale della chiesa pisana nel periodo compreso fra il 10 marzo e il 10 maggio scorso. Praticamente dall’inizio del lockdown ai primissimi giorni della cosiddetta fase due. Due mesi durante i quali alla porta dei centri d’ascolto hanno bussato 941 famiglie per un totale di 2.663 persone e 664 di esse (243 famiglie) non avevano mai avuto bisogno del sostegno della Caritas prima della pandemia. “Praticamente un quarto delle persone che stiamo aiutando in questo periodo non le conoscevamo prima del 10 marzo” sintetizza il direttore don Emanuele Morelli. Non solo. Ci sono anche le famiglie che, in qualche modo ce l’avevano fatta, o comunque riuscivano a vivere senza il sostegno della Caritas. E ora, invece, sono tornate a bussare alle porte dei centri d’ascolto e degli altri servizi: “Si tratta – spiega il sacerdote – di 129 nuclei che già conoscevamo, in qualche caso anche da tempo, ma che non incontravamo ormai da almeno tre anni e che, dopo il lockdown sono tornate a chiedere aiuto”.
La Caritas è una delle poche porte d’accesso aperte per coloro che, al momento non ricevono ammortizzatori sociali e altri interventi pubblici. “In qualche caso vi sono delle evidenti storture – sottolinea don Morelli-: soltanto noi abbiamo incontrato 17 famiglie in cui almeno un componente del nucleo non percepisce la cassa integrazione, ma più spesso le difficoltà di accedere alle prestazioni pubbliche sono collegate a mancanza di informazioni o anche a problemi nel predisporre la documentazione o compilare la modulistica, cosa non scontata per persone con basso livello d’istruzione e sovente con anche con difficoltà di tipo linguistico”. Il risultato è che il 70,4% delle persone incontrate dalla Caritas in questo periodo ha detto di non percepire ammortizzatori sociali e di non essere beneficiari di altri interventi pubblici.
Da qui la richiesta: “C’è bisogno di un monitoraggio attento per capire non solo di quanto si sia estesa la fascia delle persone a rischio povertà nel nostro territorio, ma anche per valutare la capacità delle misure messe in campo di alleviare le difficoltà delle famiglie colpite – conclude il direttore –: non si tratta di trasformare gli enti locali e il volontariato in centri di ricerca ma di far dialogare e incrociare le informazioni e i dati che ciascuno di essi, quotidianamente raccoglie nello svolgimento del proprio mandato istituzionale” . Per questo la Caritas diocesana plaude alla decisione della SdS Pisana di istituire un tavolo sulla povertà aperto alla partecipazione delle realtà del volontariato e del terzo settore impegnate nella lotta alla povertà: “Speriamo vivamente che possa essere quello lo spazio in cui dare vita a questo lavoro di monitoraggio e auspichiamo che la convocazione della prima riunione avvenga quanto prima”.