È la presentazione di Esercizi di memoria a chiudere il ciclo “Parlando di libri”: mercoledì pomeriggio (20 febbraio), alle ore 18, nel Foyer del Teatro. Un libro importante perché raccoglie i saggi su Gioachino Rossini scritti da Arrigo Quattrocchi, musicologo e critico tra i più brillanti della sua generazione, prematuramente scomparso dieci anni fa.
Nato il 20 febbraio del 1961 – e, valore aggiunto, la presentazione cade nel giorno del suo compleanno – Arrigo Quattrocchi è stato per più di vent’anni critico musicale de “il manifesto”, ha condotto numerosi programmi radiofonici su Rai 3, ha scritto molti saggi di notevole pregio per precisione e densità ed è stato il più giovane membro dell’Accademia Filarmonica Romana.
Progettato dallo stesso Arrigo Quattrocchi prima della scomparsa, Esercizi di memoria è uscito postumo, per i tipi del Saggiatore, grazie alla curatela di Daniela Macchione e Alessandra Quattrocchi, sorella dell’Autore, e sarà proprio con le due curatrici che mercoledì converserà a proposito del libro il direttore artistico del teatro Stefano Vizioli, ad Arrigo Quattrocchi legato da una profonda amicizia.
Gioachino Rossini è stato il compositore più caro ad Arrigo Quattrocchi, e in questo suo libro ne emerge un appassionato ritratto critico che abbraccia strategie compositive, pratica teatrale e poetica musicale grazie ad un excursus dalle origini agli sviluppi della Rossini-renaissance ma anche alla collezione delle recensioni rossiniane che l’autore scrisse in vent’anni di collaborazione con “il manifesto”, al Rossini Opera Festival e altrove, in Italia e non solo. L’analisi spietata e divertita della tradizione scenica rossiniana si aggiunge così ai saggi – fra gli altri– su Cenerentola e Adina, su Rossini nelle accademie romane o su Rossini alla Scala. Lo studio Eduardo e Cristina rappresenta invece una fondamentale pietra di paragone della tecnica dell’auto imprestito: la ricorrenza, nell’opera rossiniana, degli stessi spunti musicali e di intere sezioni o numeri chiusi non è solo un fenomeno legato alle necessità del circuito autore-produzione-fruizione, ma una vera e propria tecnica compositiva, peculiare della civiltà musicale del Sei-Settecento.
«Bisognerebbe rileggere le sue recensioni – ha scritto Stefano Catucci su “il manifesto” in ricordo di Arrigo Quattrocchi – per capire cos’è una critica musicale moderna, analitica e costruttiva: pochi e sobri gli aggettivi, cronaca ridotta al minimo, giudizi rivolti al merito del fatto musicale ed espressi con nettezza. La sua base era il rigore dell’informazione, la conoscenza diretta delle partiture, una memoria d’ascolto solidissima, la capacità di riconoscere sinteticamente il senso di un’interpretazione, di coglierla in relazione a una matrice culturale complessiva che non considera la musica un mondo separato. Di qui il fatto che scrivere di musica, per Arrigo Quattrocchi, aveva immediatamente un valore politico. Lavorare per “il manifesto” è stato per lui il modo migliore di mettere in evidenza questo legame. Non la politica dell’impegno o delle ideologie, ma la politica che riguarda il rapporto con la memoria e con il presente, il modo in cui anche l’esecuzione di un’opera di repertorio rivela un punto di vista sull’attualità.»