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Oltre agli effetti dannosi su salute ed ecosistema, gli arenili non puliti provocano degrado e perdita di valore che adesso è possibile esprimere anche in termini economici, per una rappresentazione più immediata: ecco gli utilizzi di questi dati
Oltre agli effetti dannosi sulla salute dell’ecosistema, per le persone e per gli animali, la presenza di rifiuti marini provoca un degrado e una perdita di valore che è possibile esprimere anche in termini economici. 108 milioni di euro è la stima del valore del danno provocato dai rifiuti marini nell’area costiera della Toscana e della Liguria, di grande interesse paesaggistico e di rilevanza turistica, compresa tra le province di Livorno, Pisa, Lucca, Massa Carrara, La Spezia, secondo i risultati dello studio sperimentale che ha coinvolto 600 cittadini e che è stato condotto dal Centro di ricerca interdisciplinare in Sostenibilità e Clima della Scuola Superiore Sant’Anna, coordinato da Marco Frey.
La ricerca si è svolta all’interno di un progetto in collaborazione con l’Associazione Blue Resolution e con Ergo, azienda spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna, per stimare il valore del danno causato dai rifiuti marini. La valutazione ha riguardato lo studio dell’impatto che deriva dalla presenza di rifiuti marini nell’area costiera tra Livorno e La Spezia. Sono stati intervistati circa 600 cittadini i quali, a fronte dello scenario della propria spiaggia preferita occupata da numerosi rifiuti, hanno chiesto “complessivamente” 108 milioni di euro di danni. Tra le diverse rappresentazioni, (ad esempio di carattere sociale o ambientale), il valore economico fornisce infatti una misura dell’importanza delle risorse naturali per il benessere delle persone: questa valorizzazione permette una comunicazione più semplice ed efficace dell’entità del danno da rifiuti marini, oltre che una maggiore comparabilità all’interno dei processi decisionali.
108 milioni di euro è la cifra totale che risulta dalla somma del valore legato alla singola esperienza negativa vissuta dai cittadini e quindi scalabile, in linea di principio, ogni qual volta l’esperienza si ripresenti. “Parlare di rifiuti marini in termini economici – commenta Natalia Marzia Gusmerotti, professoressa associata affiliata al Centro di ricerca interdisciplinare in Sostenibilità e Clima della Scuola Superiore Sant’Anna – consente di concentrarsi sull’aspetto strategico delle scelte che possono essere compiute a diversi livelli e in diversi ambiti, pubblico, privato, economico e sociale. Si tratta di strategie e di processi decisionali che attori pubblici e privati dovrebbero saper disegnare insieme, a vantaggio del benessere dei cittadini, delle comunità locali e degli ecosistemi”.
“L’entità del valore dei rifiuti marini emerge già di per sé, come pure in comparazione. Il valore aggiunto generato ogni anno dalla blue economy (economia del mare) nelle province di Grosseto e di Livorno ammonta, ad esempio, a circa 3 miliardi di euro. Mentre il valore del programma di ricerca e innovazione in Europa H2020 ammonta a 0,20 euro/pro-capite. Rendere visibile, in termini monetari, le conseguenze del danno da rifiuti marini può e deve stimolare processi di innovazione a diversi livelli e per diverse categorie di portatori di interessi”.
Quale può essere l’utilizzo di questi dati, riferiti alla valorizzazione del danno provocato dai rifiuti marini? “I decisori pubblici – prosegue Natalia Marzia Gusmerotti – possono usare simili risultati per innovare i propri processi decisionali, comparare scenari di gestione del territorio, promuovere cambiamenti sociali e creare nuove alleanze. Le imprese e le catene del valore dell’economia del mare e del turismo possono investire in innovazione sostenibile ed agire in maniera collaborativa, cercando nella sostenibilità un autentico carattere distintivo e un valore aggiunto per la competitività, tramite la protezione di risorse chiave, quali sono il mare e la propria reputazione”.