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Proseguono le iniziative in ricordo dei cittadini barbaramente uccisi dai nazifascisti nella lunga estate 1944. Venerdì mattina il sindaco Michelangelo Betti e l’assessora Giulia Guainai si sono recati prima a Latignano, dove Mario Malacarne fu mitragliato nei pressi del ponte di Via Ciro Menotti il 29 luglio 1944, poi a Zambra, dove a trovare la morte il 31 luglio furono gli ulivetesi Ilico Frassi e due componenti della famiglia Redini (Argelio e Aldo, con Nilo che riuscì miracolosamente a salvarsi nonostante le ferite). L’1 agosto, invece, con una raffica di mitra furono uccisi Piero Baglini, Alvaro e Gino Gambini.
“In occasione degli 80 anni della Liberazione del territorio dal nazifascismo – ha detto il sindaco Betti – siamo tornati a ricordare tutti i morti di quell’estate. Abbiamo una storia diversa da altri territori: da noi non c’è stata una sola strage legata ai rastrellamenti come a Vinca o Stazzema, ma ci sono stati tanti piccoli episodi che da inizio giugno a fine agosto hanno interessato le nostre zone. Se facciamo la somma, diventa una strage di grandi numeri ma più silenziosa, fatta per atterrire le persone. Fino a metà luglio i nazifascisti cercavano di tenere il controllo del territorio, poi dettero vita a incursioni dal nord dell’Arno per terrorizzare le persone. La Liberazione arriva a Cascina il 4 settembre, ma per tre mesi ci furono una serie di uccisioni anche estremamente efferate, come a San Benedetto, con i prigionieri torturati a lungo, uccisi e con l’esposizione dei loro corpi per un giorno intero a monito per i cittadini”.
Quella di Zambra fu una storia diversa, con i cittadini che venivano mitragliati durante l’attraversamento del fiume. “Qui sull’Arno c’era il fronte – ha aggiunto Andrea Taccola, vicesindaco di Vicopisano, intervenuto alla cerimonia – e di episodi ce ne furono diversi. Ilico Frassi, che era il nonno del nostro ex sindaco Juri Taglioli, e i tre Redini erano tutti ulivetesi, fratelli e cugini, furono mitragliati subito dopo aver superato il ponte venendo da Caprona. Solo Nilo Redini riuscì a salvarsi nonostante le profonde ferite e ricordo ancora le cicatrici sul suo petto. Ci sono stati altri casi di gente che scendeva dal monte, dove era rifugiata, e che trovava la morte di qua o di là dall’Arno. A mio nonno e mio padre andò bene: un loro amico partì 5 minuti prima di loro e quando arrivarono lo trovarono morto in riva al fiume. Abbiamo perso un po’ la memoria di certi episodi, dobbiamo impegnarci a far sì che non si dimentichi la storia e ciò che è stato il nazifascismo”.
In chiusura il sindaco di Cascina ha ricordato che “per diversi anni queste uccisioni sono state vissute più come un dramma familiare che non come un pezzo della storia comune. Dobbiamo rimettere insieme questi pezzi di storia: non è facile, anche perché chi ha vissuto questi drammi spesso non ha tramandato la memoria alla comunità e anche la ricostruzione può essere più difficile. Lo abbiamo visto anche a Latignano – ha concluso il sindaco Betti –, con l’uccisione di Mario Malacarne nei pressi della sua abitazione vicino al canale Emissario: le nipoti ci hanno raccontato che era diventato quasi un tabù parlare in casa di questa barbara uccisione e dunque anche ricostruirne la storia diventa più difficile quando non ci sono più le testimonianze dirette”. La prossima ricorrenza in calendario è fissata per il 19 agosto a Pettori.