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Si è svolta questo pomeriggio la inaugurazione della mostra “Giacomo Matteotti, ritratto per immagini” in corso a Pisa al Museo della Grafica fino al prossimo 11 aprile. Di seguito l’intervento del Sindaco di Pisa, Michele Conti.
«In primo luogo voglio ringraziare quanti si sono attivati per rendere possibile la presenza a Pisa della mostra dedicata alla figura di Giacomo Matteotti, promossa dal Comitato nazionale per le celebrazioni della sua morte e già ospitata nell’autunno scorso alla Camera dei deputati. In particolare un ringraziamento va all’Università di Pisa e al Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura; al museo della Grafica, luogo di cultura e punto di connessione fra il Comune e l’Ateneo grazie a un virtuoso accordo di co-gestione di Palazzo Lanfranchi; allo stesso Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Matteotti.
Il Comune ha sostenuto questa iniziativa nella convinzione che la conoscenza della nostra storia è il primo gradino per promuovere la cittadinanza attiva, dei giovani in modo particolare. Pisa e la sua comunità cittadina, lo ripetiamo ad ogni commemorazione importante, ha un dovere in più di altre città nel ricordare pubblicamente certi momenti della storia e certe figure. La firma delle leggi razziali a San Rossore nel 1938 ne sono una delle ragioni.
Ma Pisa fu anche un terreno di duro e cruento scontro politico negli anni dell’avvento del fascismo. Nell’aprile del 1921, fuori dalla scuola di via Contessa Matilde e di fronte ai suoi alunni, veniva ucciso a freddo, da giovani fascisti, Carlo Cammeo, un maestro di appena 24 anni, attivista del partito socialista, di cui era segretario, oltreché segretario della Camera del Lavoro di Pisa.
Il motivo di quella esecuzione tanto plateale e barbara era di vendicare la morte di un altro giovane avvenuta qualche tempo prima. La sua unica colpa, secondo i sicari, quella di propagandare le sue idee con gli scritti.
Le violenze politiche prima della marcia su Roma macchiarono le nostre città con il sangue versato di tanti giovani. Furono quelli tempi difficili e sanguinosi. Ragazzi e ragazze, giovani, studenti, lavoratori, agricoltori, operai, si scontravano fino alla morte in nome di un’ideale o di un altro. Spesso anche pisani contro altri pisani. Italiani contro italiani. Una stagione dolorosa che aveva presto dimenticato l’insegnamento di un’altra generazione di giovani, quella nata nel secolo precedente e che, invece, lottò unita in nome di un’ideale alto e nobile, fare dell’Italia una sola Nazione, dopo secoli di divisioni e dominazioni straniere. E, come sappiamo, anche in quel periodo, il Risorgimento, Pisa seppe dare natali a donne e uomini che contribuirono a quella fase, oltre a dare ospitalità e conforto ai protagonisti di quella stagione, Giuseppe Garibaldi e, su tutti, Giuseppe Mazzini.
Purtroppo, quello slancio ideale e unitario andò presto in frantumi, a causa anche della pesante crisi economica e sociale dell’immediato primo Dopoguerra, con giovani che si schierarono con il fascismo, mentre loro coetanei si trovarono tra le fila del comunismo, del socialismo, dell’anarchismo».
«In quel periodo di grandi passioni e violenze, furono pochi a cercare una sintesi e una via d’uscita nella ragione, nel confronto, nella politica. A prevalere fu la violenza che finì per condurre il Paese alla dittatura del fascismo prima e alla guerra poi. Giacomo Matteotti fu uno dei pochi che, anche nella tempesta delle passioni, seppe rimanere saldo sui suoi principi ispiratori, quelli di un socialismo non rivoluzionario ma gradualista. Riformatore. Oggetto più volte delle violenze fasciste non si perse mai d’animo, non smise di lottare per i valori in cui era cresciuto e per cui si batteva. Ma soprattutto non smise mai di studiare e mettere in pratica i suoi principi ideali per aiutare le persone più deboli e le fasce più povere della società. In particolare della sua terra, il Polesine, della quale fu più volte amministratore locale, consigliere, assessore e sindaco.
Una dimensione, quella di amministratore locale, che non perse nemmeno quando si trovò a Roma da deputato prima e segretario nazionale del Partito socialista unitario poi.
Il punto di vista di un amministratore infatti fa acquistare un’altra dimensione all’impegno politico. Fa comprendere le esigenze e le priorità delle persone al di là delle ideologie. E che fa maturare le scelte oltre che dalle proprie convinzioni anche dal confronto con la realtà e con gli altri, fino ad assumere decisioni nel superiore interesse generale e collettivo.
Anche per questo la figura di Giacomo Matteotti, nonostante sia conosciuta la sua drammatica vicenda personale e il suo tragico epilogo con il rapimento e l’uccisione per mano di sicari fascisti nel 1924, può e deve continuare ad essere studiata. Perché a mio parere offre ancora oggi un esempio su come si può e si deve fare politica e di come interpretare il ruolo di amministratori pubblici.
Sottile ma fondamentale è poi il legame tra Matteotti e la nostra città, tramite la moglie Velia Titta che a Pisa era nata e si era formata. A suo fratello, Ruffo, celebre baritono, è dedicata una sala al teatro Verdi che raccoglie i suoi oggetti e costumi di scena. Dopo l’uccisione del cognato, di cui portò il feretro a spalla in occasione dei funerali a Fratta Polesine, decise che non avrebbe più cantato in Italia. Rinunciò alla carriera e venne dichiarato sovversivo. Ecco, conoscere meglio la nostra storia, come dicevo all’inizio dell’intervento, può aiutarci a comprendere cosa accade prima dell’avvento e del consolidamento di una dittatura.
Oggi, che nel mondo le democrazie sembrano ovunque in affanno, è dunque opportuno rileggere quello scorcio della nostra storia recente anche con una mostra come quella che andiamo a inaugurare e con una serie di altre iniziative che ci accompagneranno per tutto il mese di marzo.
Il mondo oggi vive tempi complessi, crisi economiche, disastri ambientali, guerre che bussano sempre più vicino alle nostre porte. Da più parti si chiede stabilità. Ma noi sappiamo, per averla provata sulla pelle dei nostri avi, che non è con la dittatura che possiamo ottenerla, ma solo attraverso il rafforzamento di valori quali la libertà, la giustizia sociale e la democrazia su cui è fondata la nostra Carta Costituzionale. Valori che si rinsaldano anche dal riconoscimento di una memoria condivisa intorno a figure centrali come quella di Giacomo Matteotti».