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Si è svolta stamani, martedì 5 settembre, la cerimonia del Giorno della Memoria organizzata da Comune di Pisa e Comunità Ebraica di Pisa, con il sostegno di Anpi Comitato di Pisa e Parco Regionale di San Rossore, per ricordare l’anniversario della firma delle leggi razziali del 1938.
La giornata si è aperta con il ritrovo alla Sinagoga di Pisa, la deposizione della corona di alloro alla lapide in via Sant’Andrea, che ricorda il sacrificio di Pardo Roques e dei pisani ebrei e non ebrei uccisi dai nazisti, e la deposizione della corona di alloro al Cimitero monumentale Ebraico. A fine mattinata la cerimonia si è spostata al Parco di San Rossore, per la deposizione della corona di alloro alla lapide che ricorda la firma delle Leggi Razziali il 5 settembre 1938 a Cascine Vecchie, dove si sono tenuti gli interventi del sindaco di Pisa Michele Conti, del Presidente del Parco di San Rossore Lorenzo Bani, del presidente della Provincia di Pisa Massimiliano Angori e del presidente della Comunità Ebraica di Pisa Maurizio Gabbrielli.
Questo l’intervento del Sindaco di Pisa Michele Conti:
« “Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. A datare dal 16 ottobre 1938 tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole saranno sospesi dal servizio. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall’esercizio della libera docenza”.
Recitavano così i primi articoli del regio decreto legge firmato da Vittorio Emanuele III qui a San Rossore il 5 settembre 1938.
Il decreto si intitolava “provvedimenti per la difesa della razza nella scuola” e, tra le tante spregevoli conseguenze, comportò l’espulsione dai luoghi di lavoro pubblici, dagli atenei e dalle scuole, di studenti e docenti ebrei. Ovvero bravi cittadini italiani si ritrovarono, a causa della loro religione, a subire una discriminazione che li privava del lavoro e del diritto di studiare.
Per questo ogni anno, non solo nelle date più significative del nostro particolare calendario civile, fra le quali il 5 settembre, rinnoviamo come uomini e come rappresentanti delle istituzioni l’impegno a rafforzare la memoria, che deve arricchirsi di iniziative nuove e diverse, da affiancare a quelle già consolidate e vive nella memoria collettiva dei pisani come la commemorazione del terribile eccidio di via Sant’Andrea, dove il capo della comunità israelitica Pardo Roques e altre persone furono barbaramente uccise per mano di soldati tedeschi.
Nel corso degli anni la nostra Amministrazione ha lasciato segni tangibili in tal senso: penso all’intitolazione ad Anna Frank, un simbolo internazionalmente riconosciuto, della rotatoria tra viale delle Cascine e l’Aurelia, scelta non a caso perché porta proprio a San Rossore dove avvenne la firma della vergogna. Penso alla cittadinanza onoraria conferita a Liliana Segre. Penso al melograno, tanto importante nella cultura ebraica da rappresentare il simbolo di onestà, correttezza e giustizia, piantato nella grande area verde che oggi porta il nome di Raffaello Menasci, uno dei venti professori universitari espulsi dall’Ateneo pisano che in seguito fu arrestato a Roma nel 1943 nella retata del ghetto e deportato, insieme a tutta la sua famiglia, nel campo di sterminio di Auschwitz, poi morto a Varsavia il 29 febbraio 1944.
Penso anche all’ultima azione in ordine di tempo, sancita con delibera di Giunta dello scorso 31 agosto che vede via D’Achiardi, Rettore dell’epoca che si rese protagonista zelante di quella “pulizia” dell’Ateneo di recente emersa dalle pieghe della storia, prendere il nome di “via Giusti tra le Nazioni”, in memoria di coloro che hanno agito in modo eroico per salvare anche un solo ebreo dall’abisso della Shoah.
Si tratta di una decisione che rappresenta un atto di restituzione di dignità e memoria a chi, innocente, venne sopraffatto fino alla morte dal tentativo del nazi-fascismo, per fortuna fallito, della cancellazione del ricordo suo, della sua famiglia e dell’intero popolo ebraico.
Dunque, un giusto atto di riparazione nei suoi confronti e un altro passo verso quella memoria condivisa di questi fatti che abbiamo il dovere di far conoscere ai cittadini del domani, perché abbiano piena consapevolezza di “quello che è stato”.
Anche stamani siamo qui per ribadire quanto nella nostra città siano vivi e vitali quegli anticorpi che impediscono al virus della barbarie, dell’antisemitismo e della inciviltà di attecchire e contagiare le nostre vite e la stessa vita democratica della Nazione.
Spetta a noi, tutti insieme, trasmetterli alle giovani generazioni. »