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In ambito scientifico i sistemi di interazione animale-robot stanno attraversando una fase di progresso tecnologico che porterà contributi concreti sulla società e sull’ambiente. A metà tra la sfera della robotica e dell’ecologia comportamentale, questi sistemi d’interazione possono condurre a soluzioni tecnologiche per salvaguardare la biodiversità e promuovere soluzioni sostenibili per la gestione ambientale.
È questo l’argomento principale del focus di Donato Romano, ricercatore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, pubblicato sulla rivista Science Robotics. Analizzando uno studio coordinato dal ricercatore Rafael Barmak (EPFL, Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne), Romano traccia i possibili benefici dell’interazione animale-robot sull’ambiente e sulla salvaguardia della biodiversità.
L’alveare robotico per sostenere le colonie di api
Lo studio condotto da Barmak si sofferma sui benefici di un alveare robotico in grado di monitorare e interagire con le colonie di api. Le api svolgono un ruolo centrale nella produzione delle colture e nel mantenimento della biodiversità. Tuttavia la diffusione di malattie e parassiti, i cambiamenti climatici, l’industrializzazione, l’abuso di agrochimici hanno contribuito al declino sia di api allevate sia di specie selvatiche. Inoltre, è stato riportato un aumento della mortalità nelle colonie di Apis mellifera durante la stagione invernale nelle regioni non tropicali, le cui cause sono tuttora poco comprese. Le api sopravvivono infatti all’inverno come colonia, a differenza di vespe e bombi, ma essendo ectotermi, adottano strategie basate su comportamenti collettivi per raggiungere e mantenere una soglia di temperatura che consenta loro di essere attive e rimanere vitali. La strategia chiave è il “glomere” invernale, costituito da una fitta aggregazione di api. All’interno del glomere si crea un microclima ottimale per le api.
“Barmak e colleghi – spiega Donato Romano – hanno approfittato della sensibilità delle api alla temperatura per sviluppare un alveare robotico in grado di interagire termicamente con le colonie di Apis mellifera carnica. Questo sistema robotico è stato utilizzato per osservare la colonia raccogliendo i profili termici del glomere di api per lunghi periodi. Il sistema robotico autonomo ha consentito l’interazione bioibrida con le api, esercitando un’influenza minimamente invasiva sull’architettura e sulla struttura del nido”.
Ma c’è di più: l’alveare robotico si è anche dimostrato potenzialmente utile nel fornire supporto per le colonie di api più colpite dalle temperature rigide invernali. Durante l’inverno, quando le temperature scendono drasticamente all’interno dell’alveare, le api indebolite possono cadere in uno stato di coma, che spesso le porta alla morte. L’alveare robotico è stato in grado, attraverso l’attivazione degli attuatori termici, di ripristinare il comportamento normale in api in stato comatoso, prevenendo così l’immediato declino della colonia.
L’interazione animale-robot, frontiera di ricerca del futuro
Grazie all’attività scientifica di Donato Romano, in stretta collaborazione anche con Cesare Stefanini, professore ordinario presso l’Istituto di BioRobotica, l’interazione animale-robot rappresenta una linea di ricerca molto importate per la Scuola Superiore Sant’Anna. Oltre a numerosi studi scientifici, è proprio la Scuola ad aver organizzato a IROS 2020 il primo workshop al mondo su questa tematica.
“Lo studio di Barmak – conclude Donato Romano – è un esempio dei benefici dell’interazione robot-animale. Nelle società miste animale-robot, l’Avatar tecnologico è un alleato che può monitorare, ripristinare o migliorare la funzionalità del sistema biologico in cui è integrato. Inoltre, l’intelligenza animale può informare i robot, migliorando le loro prestazioni in scenari sfidanti del mondo reale. Le applicazioni sono molte, dalla ricerca biologica fondamentale alla progettazione ingegneristica bioispirata. I sistemi di interazione animale-robot giocheranno presto un ruolo chiave nel mitigare gli effetti negativi delle attività umane sull’ambiente, come dimostrato in questo studio”.