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“Vorrei che da lì partisse un nuovo cammino per la ricostruzione di una memoria condivisa fondata sui valori della libertà e della partecipazione democratica, dell’antirazzismo e dell’antifascismo”
Da via D’Achiardi a via Menasci. Spero non tocchi a me farlo, ma se sarò eletto sindaco di Pisa andrà sicuramente cambiato il nome della strada dedicata al rettore e podestà della città di Pisa che nel ’38 fu protagonista dell’epurazione dei docenti e degli studenti universitari ebrei, intitolandola a Raffaele Menasci, uno dei docenti cacciati dall’ateneo pisano, poi ucciso ad Auschwitz». E’ pieno e totale il sostegno di Paolo Martinelli, candidato sindaco del centro-sinistra per le amministrative di Pisa 2023, ai promotori della mozione letta in consiglio comunale da Michele Emdin, docente di cardiologia alla Scuola Sant’Anna e nipote di uno dei professori epurati nel ‘38, a nome e per conto di coloro che curarono San Rossore 1938 e dei senati dell’Università di Pisa, Scuola Normale e Scuola Sant’Anna, oltreché delle oltre 22 mila persone firmatarie della petizione popolare. E’ la mozione che è stata di nuovo bocciata il 6 dicembre scorso dalla maggioranza di destra che attualmente guida Palazzo Gambacorti. «Le strade si intitolano a chi ha acquisito meriti tali da diventare esempio verso le nuove generazioni : quali meriti può avere chi ha preso quelle decisioni e che cosa possiamo raccontare ai nostri figli difronte a quel cartello?»1 spiega Martinelli. Che poi amplia la riflessione: «Il dibattito surreale nato in consiglio comunale attorno a questa vicenda, conferma e rafforza la mia convinzione della necessità di ricominciare a coltivare, anche a Pisa, la cultura di una memoria condivisa e radicata nei valori della Costituzione nata dalla Resistenza di cui l’antifascismo è uno dei cardini, una memoria che si trasforma in impegno. Studiosi e storici, alcuni dei quali fra i promotori della mozione, hanno ricostruito, con rigore scientifico, l’onta e la vergogna delle leggi razziali del ’38 e il ruolo del rettore e podestà e senatore Giovanni D’Achiardi nell’epurazione di docenti e studenti ebrei dal nostro ateneo. Non c’è una storia da riscrivere, c’è una memoria da coltivare e divulgare perché non può esserci davvero alcuna reale pacificazione che non sia radicata nella giustizia e nella verità: cambiare il nome di quella strada è un primo passo in questa direzione».
Per Martinelli, infatti, la «ricostruzione di una memoria condivisa fondata sui valori della libertà e della partecipazione democratica, dell’antirazzismo e dell’antifascismo da tramandare ai nostri figli e alle nuove generazioni, è non solo un atto di rispetto e giustizia per le tante vittime e i loro familiari ed eredi, ma anche una necessità per rafforzare le basi democratiche della nostra città». Da qui la proposta: «La nuova via Raffaele Menasci deve segnare l’inizio di un cammino e di un progetto centrato proprio sulla cura della memoria, che di sicuro impegnerà direttamente l’amministrazione comunale nel caso fossi chiamato a guidarla, ma in cui auspico di camminare insieme alle tante cittadine e cittadini e realtà pisane che in tal senso s’impegnano da sempre – continua-: ci sono pagine di storia da riaprire, luoghi in cui tornare a meditare, strade cittadine da percorrere e riconoscere, pisane e pisani da far conoscere e amare ai nostri figli. E’ anche lì, in quel sangue innocente versato, nei gesti semplici ed eroici di chi provò a ribellarsi o semplicemente a sottrarsi alla violenza fascista e nazista che affondano le radici della Pisa democratica di oggi».