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Scoperte quattro nuove galassie dell’universo primordiale: sono le più vicine al Big Bang finora osservate

Sono state scoperte, e ne è stata confermata l’esistenza, quattro nuove galassie primordiali, la cui luce risale a “soli” 350 milioni di anni dopo il Big Bang, ovvero al tempo in cui l’età dell’universo era appena il 2% di quella attuale. È quanto emerso dai primi dati del progetto di ricerca JADES effettuato dal telescopio spaziale Webb, frutto della collaborazione tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia spaziale canadese (CSA). Lanciato in orbita soltanto un anno fa, il James Webb Space Telescope ha già collezionato una serie di scoperte rivoluzionarie per il mondo dell’astrofisica, tra cui quest’ultimo rilevamento: 4 nuove galassie (chiamate per adesso GS-z10-0, GS-z11-0, GS-z12-0, GS-z13-0) vicinissime al momento in cui l’universo ebbe origine. Si tratta dei dati sperimentali più accurati mai ottenuti da un telescopio, sia a terra che nello spazio.
L’analisi di tali dati è stata condotta da un team di astrofisici internazionale (in Gran Bretagna, da Emma Curtis-Lake dell’Università di Hertfordshire e Sandro Tacchella dell’Università di Cambridge; negli Statu Uniti da Brant Robertson dell’Università di Santa Cruz). In Italia da Stefano Carniani, della Scuola Normale Superiore.
“Le quattro galassie osservate con Webb sono particolarmente interessanti in quanto potrebbero rappresentare le progenitrici della Via Lattea – spiega Carniani -. La luce che vi proviene è principalmente emessa da stelle giovani, un indicatore che conferma che stiamo osservando le prime fasi evolutive di queste galassie. Inoltre l’elaborazione dei dati ha consentito di determinare le dimensioni di questi oggetti, che sono risultati circa 500 volte più piccoli della Via Lattea pur formando nuove stelle con un tasso annuo simile a quello della nostra galassia”.
Fino a questo momento gli astrofisici potevano solo ipotizzare l’esistenza di galassie nelle prime fasi di vita dell’Universo, mentre oggi il telescopio Webb, in particolare grazie allo spettrografo Near-Infrared Spectrograph (NIRSpec), è in grado di trasformare le ipotesi in certezze grazie all’acquisizione di spettri elettromagnetici. “Tra l’altro questi spettri – aggiunge Carniani – mostrano esattamente ciò che ci aspettavamo dalle galassie primordiali, ovvero che la luce emessa alle lunghezze d’onda più corte è completamente assorbita dall’idrogeno neutro nell’universo primordiale”.
“Questo progetto di ricerca – commenta Emma Curtis-Lake – è fondamentale per confermare che galassie simili a quelle da noi osservate popolano effettivamente l’universo primordiale. In altri tipi di osservazioni è, infatti, molto alta la possibilità di confondere una sorgente astrofisica vicina alla terra con una galassia lontana”.
I dati su cui è basata questa nuova scoperta sono frutto di una collaborazione internazionale tra gruppi di ricerca provenienti da 10 paesi diversi. Questi gruppi, che si sono occupati delle fasi di sviluppo di due dei quattro strumenti a bordo del telescopio spaziale Webb (Near-Infrared Camera – NIRCam e Near-Infrared Spectrograph – NIRSpec), hanno unito le forze nel 2015 per pianificare il progetto JADES (JWST Advanced Deep Extragalactic Survey), uno dei più ambiziosi programmi osservativi del telescopio Webb finalizzato all’identificazione e al successivo studio delle proprietà delle galassie e dei buchi neri primordiali.
“È complesso comprendere appieno la fisica delle galassie senza conoscere le fasi iniziali della loro evoluzione – spiega Sandro Tacchella -. Così come accade per l’essere umano, le prime fasi di vita di una galassia hanno, infatti, un notevole impatto sul successivo sviluppo.”
“Il progetto di ricerca JADES – conclude Carniani – è solo all’inizio e nel corso del 2023 il telescopio Webb ci permetterà di rispondere ad alcune delle domande ancora aperte nel campo dell’astrofisica. Il nostro obiettivo è, in primis, continuare la ricerca delle prime galassie determinando i meccanismi che hanno portato alla loro formazione ed evoluzione”.