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Pericolo alluvione scampato, Città Ecologica fornisce la sua lettura critica sul fenomeno

Il ripetersi a distanza di relativamente poco tempo di pericoli di alluvione fluviale provocati da fenomeni temporaleschi sempre più intensi e concentrati è ormai quasi unanimemente ricondotto ai cambiamenti climatici e ad una gestione del territorio dissennata che ha visto negli anni consumare sempre più suolo naturale con estese cementificazioni. Peccato che spesso chi fa queste analisi è magari un amministratore che fa un Piano Strutturale da poco meno di 2milioni di metri cubi di nuova edificazione (Pisa) o attenua la normativa della Legge urbanistica regionale toscana.

È andata bene. Lo Scolmatore e il bacino di Roffia hanno fatto il loro dovere.

Ma secondo La Città ecologica si sbaglia ad attribuire solo a queste due opere idrauliche la salvezza di Pisa dall’esondazione. La città è salva in primo luogo perché il mare riceveva in modo adeguato stante l’altezza delle onde e la velocità e la direzione del vento. Infatti il 14/3 la velocità media del vento, proveniente mediamente da Est, è stata di 2,2m/s (con una massima di 14,7ms) e il 15/3 la velocità media è stata di 3m/s (con una massima di 16ms). L’altezza massima delle onde alla Boa della Gorgona è stata di 2m. Per avere un’idea si confronti con i dati del 3/11/23 giorno dell’inondazione da mare di Marina: la velocità media del vento, proveniente mediamente da Ovest, è stata di 13,2m/s (con una massima di 33,2ms). L’altezza massima delle onde alla Boa della Gorgona fu di oltre 6,5m. (Dati da sito Servizio Idrologico regionale).

Immaginiamo cosa sarebbe successo se si fossero sovrapposte le due condizioni. Quindi ci siamo salvati prioritariamente per queste condizioni favorevoli del mare che, altrimenti, avrebbero ostacolato lo stesso deflusso dello Scolmatore.

In prospettiva occorre tener conto delle previsioni di innalzamento del livello del mare al 2100 da un metro fino a 2,5m, secondo le previsioni meno probabili ma possibili.

Alla luce di quanto detto appare non più procrastinabile l’elaborazione di un piano per la liberazione di tutta la golena da ogni manufatto. Tali manufatti ostacolano il deflusso della piena verso il mare e, in condizioni di mare meno favorevoli di quelle passate, potrebbero realizzare un vero e proprio tappo che ostacolerebbe il libero deflusso della piena e potrebbe far innalzale il livello delle acque del fiume in città. La golena va restituita alla sua funzione naturale, quella di luogo dedicato al libero espandesi del fiume durante le piene.

Purtroppo il nuovo Piano Integrato del Parco attualmente in discussione dopo aver declassificato la Golena d’Arno da Area Interna al Parco ad Area Contigua non prevede il trasferimento del manufatti e delle attività di rimessaggio (per esempio sul Canale dei Navicelli) ma il loro consolidamento se non l’ampliamento. Amareggia e preoccupa questa completa mancanza di lungimiranza da parte di chi gestisce un’area protetta.