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Mentre continua lo sterminio dei palestinesi e le bombe israeliane sventrano il Libano, il tema della natura sociale della produzione scientifica è di estremo interesse. Gli eserciti vengono dotati di tecnologie prodotte da aziende che lavorano in strettissima correlazione con le accademie occidentali, compresa l’Italia. Il lavoro mentale e scientifico, nonostante i margini di autonomia, resta comunque il derivato di un determinato modo produzione, grazie al quale si garantisce la riproduzione di un determinato modello di società.
Il dibattito sulle conseguenze dello sviluppo dell’intelligenza artificiale è un punto di vista privilegiato per guardare a questi temi. Un’occasione per ragionare sullo stretto legame che oggi unisce la produzione scientifica e le sue applicazioni tecnologiche ai rapporti di forza dominanti; quindi agli interessi di un sistema profondamente in crisi che per risolvere le proprie contraddizioni punta alla guerra sul piano esterno, allo sfruttamento del lavoro e alla riduzione degli spazi di agibilità politica su quello interno .
Da un lato, questa tecnologia potrebbe costituire un grimaldello non solo tecnico-applicativo ma anche ideologico per portare avanti le politiche di sfruttamento più intense; dall’altro, è già presente nelle sue forme più avanzate nelle strumentazioni belliche usate nei vari teatri della «guerra mondiale a pezzi».
Su tutti, è ormai noto il sistema israeliano Lavender, utilizzato in questi mesi per incrociare le informazioni relative a persone ritenute vicine alle resistenza palestinese, individuarle e poi colpire i vari obiettivi, con risultati che sembrano davvero catastrofici.
In quest’ottica le università e i centri di ricerca pubblica diventano un terreno di battaglia politica per rovesciare il piano inclinato della tendenza alla guerra nel quale l’intera umanità e costretta a vivere; fermare il genocidio del popolo palestinese e l’attacco a quello libanese.
Nell’ultimo anno di lotte antimilitariste e di boicottaggio accademico a sostegno del popolo palestinese ci siamo dovuti scontrare con la quasi maggioranza della docenza e della dirigenza universitaria, avversa alle nostre rivendicazioni per ragioni diverse, ma tutte riconducibili ad una concezione della scienza puramente astratta.
Fra le tante argomentazioni con cui il mondo accademico ha evitato di prendere una posizione a favore di un popolo martoriato dal colonialismo genocidario dei sionisti, vi erano quelle secondo cui i saperi prodotti dalle università sono neutri e neutrali, come se tra questi e la società che li ha prodotti non sussistessero rapporti causali. Un’idea a-storica, quindi reazionaria, della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche che vogliamo mettere al centro della nostra comune riflessione.
Di questo ed altro parleremo con la studiosa e ricercatrice Daniela Tafani dell’Università di Pisa, che ha lavorato sui temi dell’etica, della politica e del diritto dell’intelligenza artificiale, in data 19/11 alle ore 17.00 in aula C al Polo Fibonacci.