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Grazie a un osso del piede risalente al Pleistocene medio scoperto nel sito di Sedia del Diavolo (Roma) e datato a 295.000 anni, ricercatori delle Università di Pisa e Firenze hanno fornito nuove prospettive sulla vita dei nostri antenati in questo importante periodo della nostra evoluzione recente. L’analisi morfometrica e morfologico-funzionale del fossile, effettuata mediante tecniche di antropologia virtuale, ha rivelato la presenza di un’insolita frattura da stress, tipica degli atleti e dei corridori. Questo tipo di frattura si forma in risposta a sollecitazioni ripetute dovute all’attività fisica tipica di chi cammina per lunghe distanze, come i maratoneti. Lo studio, dal titolo “The Middle Pleistocene human metatarsal from Sedia del Diavolo”, è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Il Pleistocene medio è un periodo importante per l’evoluzione umana. Oltre allo sviluppo di nuove tecnologie, come il fuoco controllato e la tecnica di scheggiatura Levallois, in questo periodo affondano le radici di Homo sapiens e Homo neanderthalensis. Nella prima parte del Pleistocene medio, l’Europa viene popolata da Homo heidelbergensis, da molti considerato l’antenato dei Neanderthal. Nella parte centrale di questo periodo, quella compresa tra circa 300 e 200 mila anni fa, i fossili sono scarsi e non si hanno molte informazioni su quello che è accaduto. Da 200 mila anni fa in poi, invece, troviamo fossili con chiare caratteristiche neandertaliane. “La morfologia del secondo metatarsale di Sedia del Diavolo differisce da quella dei Neanderthal e suggerisce la presenza di un secondo gruppo umano, molto probabilmente Homo heidelbergensis, l’antenato comune di Homo sapiens e Homo neanderthalensis” – commenta Antonio Profico, ricercatore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e autore corrispondente dello studio. “La struttura di questo osso del piede ci informa sul fatto che la popolazione a cui apparteneva questo fossile fosse costituita da individui molto attivi sul territorio, che camminavano per lunghe distanze nella loro vita quotidiana’’, aggiunge Damiano Marchi, docente del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, tra gli autori dello studio. “La presenza di questa tipologia di frattura nel metatarsale – spiega Tommaso Mori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze – potrebbe essere collegata alle modalità di sussistenza dei nostri antenati e in particolare alla persistence hunting, una tecnica che prevedeva l’inseguimento fino allo sfinimento delle prede durante le ore più calde del giorno”. “Questo studio – aggiunge Alessandro Riga del Dipartimento di Biologia di Unifi – dimostra come molto spesso le nuove scoperte vengono da una reinterpretazione di vecchi dati. Nel nostro caso, un fossile scoperto negli anni ’50 è stato studiato attraverso tecniche avanzate di antropologia virtuale che hanno permesso di indagare caratteristiche che prima non sarebbe stato possibile studiare. Da un piccolo osso del piede è stato possibile ricavare una grande quantità di informazioni sull’evoluzione e lo stile di vita dei nostri antenati”.