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Pierluigi Zerbino (UniPi, nella foto): “L’Effetto Rebound definisce il rischio dei prodotti circolari di alimentare la nostra fame di consumo. È fondamentale dedicargli maggiore attenzione”
L’Economia Circolare è una grande opportunità d’innovazione e investimento, ma migliora davvero la sostenibilità ambientale? Solo se si interviene sull’intera filiera. A dirlo è Pierluigi Zerbino, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi del Territorio e delle Costruzioni dell’Università di Pisa, autore di numerosi articoli scientifici e divulgativi sul cosiddetto “Effetto Rebound”. Ossia quel fenomeno per cui i possibili benefici ambientali derivanti dalla transizione circolare sono in parte o totalmente annullati da un aumento della produzione e dei consumi dovuti a dinamiche di mercato.
“Sulla carta, l’Economia Circolare è spesso rappresentata come la soluzione a molti dei nostri di problemi ambientali, dal cambiamento climatico all’eccessivo consumo di risorse – spiega Pierluigi Zerbino – Eppure, dati alla mano, la transizione dall’attuale paradigma economico lineare a quello circolare stenta ad avanzare. La causa di questa inerzia, spesso spiegata con l’aumento dei consumi a livello globale, è verosimilmente legata al cosiddetto Effetto Rebound, determinato in primo luogo dai comportamenti di consumo di ciascuno di noi che, di fatto, possono compromettere i vantaggi ambientali derivanti dalla transizione a un’Economia Circolare”.
“Per capire meglio di cosa parliamo – prosegue Zerbino – è utile tenere sempre a mente come il prezzo e la qualità di un prodotto riciclato, riparato, o di seconda mano (spesso chiamati prodotti circolari) ci influenzino nella vita di tutti i giorni. Per esempio, un prezzo basso di un capo di vestiario prodotto con fibre riciclate può spesso portarci ad acquistare più capi di quelli di cui abbiamo realmente bisogno. Riteniamo di avere un comportamento “green” perché non acquistiamo prodotti nuovi, ma il basso prezzo ci invoglia a chiedere e consumare di più. E consumare di più vuol dire far produrre di più e far inquinare di più. E cosa succede, invece, quando acquistiamo un cellulare ricondizionato? Che pensiamo di aver contribuito a ridurre l’inquinamento comprando un secondo cellulare più economico, magari da usare con poca attenzione in viaggi avventurosi. Ma questo spesso non ci evita di acquistare anche l’ultimo modello dello smartphone top di gamma per la vita di tutti i giorni”.
“È amaro a dirsi – aggiunge – e forse persino frustrante, ma l’Effetto Rebound di un’Economia Circolare definisce proprio questo rischio dei prodotti circolari di alimentare e non ridurre la nostra fame di consumo e l’inquinamento ad essa associata. Il problema è che, ad oggi, l’Effetto Rebound nell’Economia Circolare è poco noto, difficile da quantificare, e non è stato esaminato a fondo dalla letteratura accademica. Ma, se vogliamo stimarlo e mitigarlo con successo, è fondamentale dedicargli maggiore attenzione”.
Proprio ad una mappatura degli attuali modelli utilizzati per stimare l’Effetto Rebound dell’Economia Circolare è dedicato l’ultimo articolo scientifico che il ricercatore dell’Università di Pisa ha scritto assieme a tre colleghi della Sheffield University Management School e da poco pubblicato sul Journal of Cleaner Production di Elsevier.
“Nell’articolo sviluppato assieme al Dr. Benjamin H. Lowe, al Dr. Meletios Bimpizas-Pinis e al Professor Andrea Genovese dell’Università di Sheffield – spiega Zerbino – abbiamo passato in rassegna i metodi che potrebbero essere impiegati per misurare il Rebound in contesti circolari, identificando gli strumenti per stimarlo. Dalla mappatura nasce anche una riflessione sui dati necessari a stimarlo e sul modo in cui il Rebound si manifesta nei nostri comportamenti di consumo, nelle strategie aziendali, nelle filiere e nel commercio nazionale e internazionale. I risultati ottenuti evidenziano lacune nella stima di questo effetto e gettano le basi per sviluppare strategie per mitigarlo”.
“Solo conoscendo più a fondo il Rebound e concretizzandolo in numeri possiamo sperare di far fronte ad esso – conclude il ricercatore – e identificare gli interventi più significativi per (ri)lanciare l’Economia Circolare, così da invertire una tendenza negativa che, negli ultimi cinque anni, ha visto il tasso di circolarità ridursi dal 9.1% al 7,2%.”