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“La musica non cambia. Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, due autori popolari tra fascismo e repubblica” è il nuovo volume del professore Alessandro Volpi edito dalla Pisa University Press, la casa editrice dell’Ateneo pisano.
Alessandro Volpi insegna Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, di recente, alcuni suoi lavori hanno preso in esame i rapporti fra musica e politica nel contesto italiano.
“La musica non cambia” prende così in esame il tema della continuità nella storia italiana del Novecento e la transizione dal fascismo alla Repubblica nei contesti specifici (e poco studiati) legati alla grande narrazione di massa, ai mass media e al fertilissimo mondo della canzone e della “letteratura commerciale”.
In particolare, questo libro raccoglie le biografie di due personaggi, Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, che incarnarono molto bene tale continuità con la produzione di stereotipi destinati a passare dall’inizio del Novecento, al fascismo e alla Repubblica e a influenzare l’immaginario del nostro paese.
Di seguito un estratto dell’introduzione del volume.
Tito Petralia e Vittorio Emanuele Bravetta, due figure di cui la storiografia si è occupata assai poco, tanto da far sì che manchino persino voci biografi- che non limitate a poche righe. Entrambi hanno avuto un posto centrale nelle vicende della storia della canzone italiana, entrambi hanno avuto relazioni con l’Eiar in epoca fascista e hanno poi continuato la loro prolifica attività dopo la fine del regime. (…) Il loro tratto comune più rilevante è costituito proprio dalla grande fortuna di pubblico che hanno riscosso le loro opere, dalla chiara matrice ideologicamente orientata e, al contempo, dalla pronunciata e costruita vocazione popolare.
Bravetta e Petralia hanno svolto un ruolo cruciale nel ricomporre parti della storia patria in un armamentario di pezzi “facili”, agilmente divulgabili e in grado di sovrapporre tradizione e fascistizzazione; un armamentario che, privato dei tratti più schierati, è rimasto solidamente in vita nel dopoguerra, tradotto appunto nei già ricordati generi di ampia divulgazione. Solo per ricordare un episodio importante tra il marzo e l’aprile del 1947, Petralia fu inserito nella prestigiosa Commissione giudicatrice rispetto ad un bando “per una canzone (parole e musica) mai eseguita”, voluto dall’Associazione culturale “Fiera letteraria” e dalla Rai, «allo scopo di incoraggiare il rinnovamento della musica leggera italiana e rendere operose in questo campo le energie della cultura». Nella citata Commissione figuravano Alberto Savinio, Mino Maccari e Luigi Colacicchi in rappresentanza della Associazione che pubblicava l’omonima, nota rivista, e Sergio Pugliese e Petralia per la Rai. Nel 1955, poi, fece parte della Commissione selezionatrice dei cantanti per l’edizione di Sanremo di quell’anno, che era presieduta da Giulio Razzi, direttore centrale dei programmi Rai. È interessante rilevare che sia Petralia sia Bravetta assunsero negli anni repubblicani le vesti degli “anziani saggi”, forti di una lunga e intensa esperienza biografica, capaci di trasmettere ai giovani una sana e consueta visione della vita a cui era attribuito il carattere della migliore vocazione nazionale: i “nonni” della patria che non dovevano rinunciare ai loro trascorsi di fedeltà al regime, tutt’altro.