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I danni alle colture si potranno valutare solo più avanti.
Continua la conta dei danni nelle campagne pisane dove nelle scorse ore è arrivata la presidente regionale di Coldiretti, Letizia Cesani accompagnata dal presidente provinciale, Marco Pacini per una visita tra le aziende danneggiate accompagnata dal direttore regionale, Angelo Corsetti e dal direttore provinciale, Giovanni Duò. La stima, ancora provvisoria a livello regionale, mette a referto 50 milioni di euro di danni tra diretti e visibili alle strutture agricole come serre, capannoni, magazzini, mezzi, attrezzature, fattori produttivi (concimi, semi etc) e produzioni perse o rovinate. A dirlo è Coldiretti Pisa che imputa, gran parte dei danni, all’esondazioni di canali e fossi che hanno inondato terreni, magazzini, fienili mentre il vento ha spogliato alberi da frutto e olivi e cancellato le strade poderali. “La fuoriuscita dei fossi e dei corsi d’acqua minori ha causato la perdita dei terreni già seminati, mandato all’aria le lavorazioni, allagato i magazzini dove erano stoccati le sementi e concimi ma anche parte dei raccolti estivi e le celle frigo. – spiega Marco Pacini, Presidente Coldiretti Pisa – Nelle scorse ore sono arrivate segnalazioni di alcune aziende nella zona tra Lari e Cascina che hanno perso un terzo del raccolto di mele che è in corso proprio in queste settimane. Il vento ha strappato le coperture di capannoni e fienili”.
E’ ancora difficile quantificare i danni che interessano una parte molto estesa del territorio: da Calcinaia a Cascina, da Fauglia a San Miniato, da Pontedera a Bientina, da Castelfranco di Sotto a Santa Maria a Monte, Vecchiano, Marina di Pisa. “Una parte dei danni dovuti agli allagamenti in seguito alle esondazioni potremo valutarli solo più avanti. Quelli che possiamo vedere sono quelli alle strutture. Altra cosa valutare le conseguenze su semine, scorte, concimi. – spiega ancora il Presidente Pacini – La stima è destinata con probabilità a salire. In quadro che emerge è di un territorio fragile che deve impegnarsi di più per affrontare un futuro dove gli eventi estremi saranno sempre più frequenti. Oggi non siamo preparati per questa prospettiva e l’agricoltura è uno dei settori più esposti a questi rischi e che mette di conseguenza a rischio la nostra capacità di produrre cibo”.
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