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Si è svolta domenica 22 ottobre, alle 10:30, una cerimonia, molto partecipata e commovente, in memoria delle 140 vittime della strage del traghetto Moby Prince, avvenuta nella rada del porto di Livorno, il 10 aprile 1991, e in particolare di Maria Giulia Ghezzani, Gina per familiari e amici, originaria di Cucigliana, nel Comune di Vicopisano, e del marito Ugo Chessa, comandante dell’imbarcazione.
Erano presenti, e sono intervenuti, il figlio di Maria Giulia e Ugo, Luchino, presidente dell’associazione “10 aprile, familiari vittime Moby Prince”, Sergio Romboni, vicepresidente dell’associazione “140 Familiari delle Vittime del Moby Prince”, Giuseppe Tagliamonte, fratello di Giovanni, uno dei membri dell’equipaggio morti cercando, fino all’ultimo, di dare soccorso ai passeggeri, Francesco Sanna, giornalista del Fatto Quotidiano le cui inchieste sono state decisive nella ricerca della verità, Gabriele Bardazza, consulente della prima e della seconda commissione parlamentare d’inchiesta, Alessandro Busciglio, coordinatore del sito Moby Prince, Stefano Di Bartolomeo, consigliere regionale e presidente di ANMIL-associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro.
“Ringrazio i cittadini e tutti i membri delle associazioni intervenute che, da oltre 32 anni si impegnano in ogni sede per ottenere verità e giustizia sulla tragedia della Moby Prince _ ha detto il Sindaco Matteo Ferrucci _ e in particolare esprimo profonda gratitudine a Maria Tamberi e Luca Ghezzani ai quali va il grande merito di aver riportato alla luce e all’attenzione della comunità e di tutti noi, la triste vicenda di Maria Giulia e di Ugo e all’Assessora Valentina Bertini che ha organizzato questa giornata. La targa che scopriamo oggi a Cucigliana, vicino alla Fonte, in un punto di notevole passaggio di persone, è un simbolo importante _ ha aggiunto il Sindaco _ ma dovrà essere accompagnata da un intenso lavoro di diffusione della conoscenza dei fatti, in molteplici contesti e soprattutto nelle scuole. 11.700 giorni di omissione di verità e di mancata giustizia sono veramente intollerabili per persone che hanno perso gli affetti più cari.”
Sono state molto toccanti le parole di Chessa e di Romboni, precedute da un forte abbraccio tra i due. Entrambi hanno ripercorso la vicenda dal 1991, soffermandosi su quelli che sono stati i principali ostacoli al raggiungimento della verità, in particolare in sede processuale. “Si è parlato di nebbia e addirittura di distrazioni dovute alla partita _ hanno affermato con lucidità e dolore _ mentre la realtà, confermata dalle due commissioni parlamentari d’inchiesta, è un’altra e deve essere ancora svelata del tutto. 140 persone sono state lasciate a morire, in un grave incendio, per ore, senza che fosse inviato neanche un soccorso. E’ stato l’equipaggio l’unico soccorso per i passeggeri, fino all’ultimo istante di vita, purtroppo in modo vano.”
Sanna e Bardazza hanno ribadito quanto sia fondamentale divulgare la verità sulla strage del traghetto Moby Prince, perché ancora, purtroppo, in troppi non sanno. “Proprio questa mattina _ ha detto il giornalista Sanna _ quando mio figlio di 7 anni mi ha domandato perché stavamo venendo a Cucigliana gli ho spiegato che fino al 2018, per circa 28 anni, ad esempio, a Ugo Chessa, il comandante, sono state attribuite responsabilità che non aveva invece di considerare quello che ha fatto, con il suo equipaggio, per salvare chi era a bordo. Questa storia ci consegna un prezioso insegnamento, da tramandare, ovvero quanto sia essenziale perseguire sempre e comunque la verità. E’ quello che hanno ripetuto incessantemente due figure a dir poco fondamentali di questa vicenda: Loris Rispoli e Angelo Chessa. Il mio e il nostro pensiero sono rivolti a loro.”
“Aggiungo alle parole di Francesco solo un dettaglio, però davvero rilevante _ è intervenuto Bardazza _ è la prima volta nella storia che, per un’inchiesta, vengono fatte tre commissioni parlamentari, l’ultima votata all’unanimità il 17 ottobre scorso. Pensiamo e speriamo che la giustizia stia finalmente per compiersi.”
Hanno chiuso la cerimonia l’emozionante testimonianza di Di Bartolomeo, che tra l’altro, come volontario della Croce Rossa, provò ad andare subito in soccorso, ma fu rimandato a casa, e Busciglio che, nonostante la giovane età, da quando aveva 11 anni – ora ne ha 24 – si adopera affinché tutti conoscano non solo la vicenda, anche i volti e le storie di ognuna delle 140 vittime. “Può capitare di trovare davanti un muro _ ha concluso Busciglio _ quando si parla della Moby Prince _ o qualcuno che travisa i fatti completamente, ma non importa, insistiamo!”
Al termine della cerimonia sono stati letti tutti i nomi delle 140 vittime, per non dimenticare mai.