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La salute mentale non é una questione d’ordine pubblico! Servono strumenti di sistema, interventi adeguati che assicurino sicurezza e cure appropriate
Sempre più spesso in Italia il tema della salute, delle cure e della sofferenza mentale viene adombrato e offuscato dalla cronaca nera, trasformando un tema così delicato in una mera questione di ordine pubblico! La caccia e repressione dei folli!
A metà Agosto due casi eclatanti mettono di nuovo al centro dell’attenzione pubblica l’approccio repressivo e non curativo delle forze dell’ordine, quanto un giovane di Chieti perde la vita e un uomo di Pontasserchio finisce in ospedale, entrambi con problemi psichici fermati dalle forze dell’ordine.
Il 14 agosto A San Giovanni Teatino (Chieti) un giovane pescarese di 35 anni in stato di alterazione viene ucciso prima da due colpi di taser lanciati dai carabinieri, poi da un potente sedativo.
A ferragosto a Pontasserchio, in provincia di Pisa, un’altra persona con evidenti problemi psichiatrici dà in escandescenza e viene neutralizzato, questa volta da agenti di polizia, da due colpi di taser. In questo caso per fortuna la persona sopravvive, ma nella caduta si frattura una gamba, viene ricoverato al pronto soccorso e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale.
Sembra di essere tornati indietro di 100 anni; sui social e sui giornali si riapre il dibattito sull’utilizzo dei Taser, ma il problema e’, per noi, molto più ampio e riguarda le distorsioni e gli abusi di cui il nostro sistema e nostri organi ministeriali si macchiano, ledendo i diritti imposti dal rispetto della persona e dei suoi diritti fondamentali.
Facendolo nel modo più sciatto e incolto.
Vengono esaltati gli aspetti sociali, di sicurezza tralasciando quelli personali di sofferenza; il rischio di questo tipo di interventi è di allontanare le persone non solo dalla realtà che ci circonda e di cui siamo fatti, ma anche dalla conoscenza di determinate procedure, che in realtà sono già state regolate e discusse, ad esempio, nella non lontana legge 180 del 1978.
Tale legge, legge Basaglia, non si limitava a regolare accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, ma ci insegnava a dare dignità ai malati psichici contribuendo a riconoscerli come persone a tutti gli effetti.
Capiamoci, sono situazioni drammatiche che meritano la massima attenzione ma, proprio per questo, non possiamo rischiare di incombere in ulteriori distorsioni nella sua lettura e nella sua gestione, già ad oggi, evidentemente inadeguata.
Se il tentativo del nostro stato è quello di cercare di risolvere il problema prendendo decisioni sull’onda emotiva dell’odio e della repressione il rischio è di sfociare nell’utilizzo di strumenti e scelte politiche sociali e sanitarie sbagliate.
Una tra queste, il rischio di dare una risposta esclusivamente di tipo “normativo” punitivo e securitario.
Il problema è molto più ampio e la scelta di determinati strumenti normativi e organizzativi dovrebbe coinvolgere sia il sistema giuridico sia il sistema sanitario; interventi capaci di riequilibrare i rapporti tra salute mentale e le norme giuridiche e/o sociali, insomma sicurezza e cure appropriate.
Per quanto a volte sia “difficile” da digerire e “doloroso e fastidioso” da accettare, le persone con disturbi psichici che commettono un reato, sono si, autori di reato, ma anche persone con una malattia psichiatrica e richiedono un’assistenza sanitaria.
Come ricorda Antonello d’Elia, presidente di Psichiatria Democratica, parlando del TSO in un articolo del “quotidianosanità”: “…Tutte le volte che al convincimento si sostituisce materialmente o simbolicamente l’imposizione violenta di un essere umano o dello stato sulla persona, si creano le condizioni per un deficit di equità, giustizia e democrazia”.
Non dimentichiamo le normative e i provvedimenti sanitari vigenti, nate con la volontà di creare un ampio quadro di garanzie di tipo sanitario, amministrativo e giurisdizionale. Ad esempio, in conformità all’art. 32, 2º comma della Costituzione, si afferma che i trattamenti sanitari prestati in via coercitiva non devono violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali; è importante sottolineare che con la previsione del rispetto della dignità della persona, si è voluto “tutelare la persona in tutte le sue attribuzioni …” e quindi integrità psico-fisica, riservatezza, identità, etc.
Siamo stanchi di uno stato che imprime odio e disprezzo verso i più deboli, che alimenta ignoranza, che fomenta la lotta tra poveri, che lascia nella mani di psichiatri e sanità la responsabilità di gestione della pena e della cura, lasciando alle forze dell’ordine, senza una giusta formazione, la possibilità di esercitare il diritto di vita e di morte su un altro essere umano.
Mentre da una parte, in un clima di infinita fragilità, ignoranza e confusione, un emendamento al Recovery Fund trasforma il TSO in una diagnosi medica da segnalare all’autorità di polizia (in forma di persona malata non adatta a possedere un arma), dall’altra, si reputa possessore “sano” detentore di armi, l’ “assessore-assassino” di Voghera.