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“Siamo molto preoccupate per le affermazioni di Giorgia Meloni. Si riferisce alle donne e al nostro potenziale occupazionale e professionale come alla « grande riserva di lavoro femminile », contrapposta ai lavoratori immigrati. La visione della Presidente su donne e lavoro è molto chiara, ci considera manodopera da attivare al bisogno, anzi in relazione a un particolare bisogno, quello di difendere il Paese dal lavoro dei cittadini stranieri, migranti. Le donne, lo ricordiamo alla presidente e alle donne di destra che aspirano ad avere il governo di questa città, sono soggetti le cui competenze non trovano il giusto riconoscimento nel mondo del lavoro nel nostro paese, in ragione delle discriminazioni ancora esistenti. Le stesse che spingono una donna premier a preferire di scegliere il maschile per definire il proprio ruolo istituzionale. Meloni è in buona compagnia: considerare il lavoro femminile come una riserva è un pregiudizio diffuso in un paese giudicato dall’Istituto europeo per la gender equality (Eige) ultimo in Europa per quanto riguarda la parità di genere nel lavoro. Bisognerebbe quindi rimuovere le cause che generano questo risultato, molte di tipo culturale e altrettante legate all’inadeguatezza del nostro sistema di welfare, tradizionalmente in affanno sui servizi alla prima infanzia e quindi incapace di creare le condizioni per una migliore distribuzione del lavoro di cura nelle famiglie. Famiglie che la presidente vorrebbe veder crescere senza confrontarsi con tutti questi problemi, impegnandosi solo con qualche bonus a combattere le culle troppo vuote degli italiani. Nello stesso discorso Meloni mette le donne, i loro corpi, a servizio della Nazione attraverso il combinato disposto di produzione e riproduzione, parole inventate dal femminismo per mettere l’accento criticamente sull’ esclusione dal mondo del lavoro e la svalutazione del lavoro di cura. E’ l’uovo di colombo: la nostra prima premier donna ha capito come mettere le donne al centro della politica, dando loro un ruolo centrale nel difendere dall’invasione della manodopera straniera e, incentivando il loro ruolo di fattrici della specie, dall’assillo della sostituzione etnica. Noi rifiutiamo radicalmente questa visione. Vogliamo prenderci cura di Pisa guardando alla città con la lente del genere, identificando strumenti e modalità di intervento in grado di sovvertire i modelli dominanti, producendo scenari alternativi alla violenza materiale e culturale di cui le donne ancora oggi fanno esperienza, promuovendo a tutti i livelli la libertà delle donna di vivere ed essere quello che desiderano”.