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Michelangelo Betti, “Una riflessione sul congresso Pd”

È piuttosto singolare registrare il forte interesse di vari esponenti politici (di destra e non solo) per il congresso e le primarie del Partito democratico. Tante valutazioni, fino ad arrivare a (pessime) battute da bar. Ma chi si lancia in giudizi è nella piena condizione di farlo?

Partiamo da una constatazione di base e piuttosto ovvia: il Pd è uscito male dalle elezioni del 25 settembre. Uscito male, ma nella posizione di secondo partito italiano e principale forza dell’opposizione. Con percentuali, purtroppo, non lontane da quelle ottenute nell’ultimo quinquennio e invece lontane da quelle del periodo fondativo.

Il deludente risultato elettorale ha portato alla convocazione del congresso, per la definizione di una linea politica più adeguata e riconoscibile per i cittadini che si collocano nel campo progressista. Personalmente sono soddisfatto degli esiti del congresso e dei risultati delle primarie, pur condividendo l’opinione che il percorso avrebbe potuto essere più anche più profondo. In ogni caso è stata tracciata una linea da cui ripartire, attraverso la discussione all’interno di una estesa comunità politica.

Le caratteristiche di questo tipo di riflessione interna, anche seppur con tutti i limiti del caso, rappresentano un percorso che dovrebbe essere avvertito quasi come un atto banale da qualsiasi forza politica: un modo di riflessione sul futuro di una comunità politica. È vero che esiste un’anomalia: il Pd estende il dibattito e la scelta anche a chi si dichiara elettore del partito, senza essere iscritto. È l’unica forza politica a farlo. Questo riduce il ruolo del partito come organismo di selezione della classe dirigente, delegandone una buona parte al proprio elettorato. 

Il confronto interno dovrebbe riguardare tutte le forze politiche. La maggior parte dei partiti italiani, del tutto legittimamente, pare aver rinunciato a questo tipo di confronto, cristallizzando il ruolo del proprio gruppo dirigente. A giugno 2019 alle elezioni europee la Lega raggiunse il 34,3% dei voti, divenendo il primo partito d’Italia. Più o meno il raddoppio rispetto alle politiche del 2018 (17,4%). Lo scorso 25 settembre il carroccio ha ottenuto l’8,8%. Da alcuni mesi, con una buona dose di fantasia, celebra il proprio successo elettorale. Anche Forza Italia applaude il proprio passaggio dal 14% (2018) all’8,1% (2022). Forse festeggiano il successo di Fratelli d’Italia.

Si può criticare il congresso Pd, le primarie e il loro esito, ma a molti osservatori servirebbe un percorso di riflessione sul quadro politico uscito dal voto e su quale sia la loro attuale posizione. Andando oltre la politica dei social forse si accorgerebbero di essere nel numero degli sconfitti e di essere a rimorchio di chi le elezioni le ha effettivamente vinte. Intanto il Partito democratico ha fatto i propri primi passi per costruire un’alternativa.