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“Che lo sport abbia un effetto benefico sulla salute psico-fisica di chi lo pratica, così come influenze positive sullo stato d’animo, è cosa risaputa. Così come è noto che una donna che fa sport è una persona attiva, positiva, spesso allegra e forte, ottimista, sana e vincente. Eppure non è sempre stato così. O meglio, non sempre si è pensato che le attività sportive potessero essere svolte anche delle donne. Tali attività, infatti, sono state per secoli appannaggio quasi esclusivo degli uomini. I quali, ancora oggi, si dedicano più delle donne alla pratica sportiva. Anche sul piano economico, oltre che sociale e culturale, gli sport maschili incontrano maggiori riscontri”. Con queste parole il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha introdotto il libro “Lo sport e le donne” della storica Simonetta Simonetti, già autrice di altre opere storiografiche al femminile, che è stato presentato questa mattina, sabato 11 giugno, nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati. Assieme al presidente Giani e all’autrice era presente Andrea Pantano, presidente nazionale della Libertas.
Il libro è un vero e proprio viaggio tra storia e memoria, luoghi comuni e pregiudizi, stereotipi ma anche scatti di orgoglio e atti di coraggio, dal momento che l’evoluzione dello sport femminile, come tutti i percorsi di emancipazione, è stata caratterizzata anch’essa da alti e bassi, due passi avanti e uno indietro, da giorni bui e momenti di gloria. Lo sport, un tempo, veniva collegato a concetti di forza e di fatica che malvolentieri si associavano alle donne, a cui venivano invece riservate le idee di grazia e gentilezza. Non è stato facile, nell’ultimo secolo, prima scalfire, poi modificare, infine costruire un nuovo modello di sport. Esso, però, oggi è concepito come un’attività alla portata di tutti, maschi e femmine. Il che certifica un certo successo del percorso di emancipazione, innegabile, anche se il cammino da percorrere è ancora lungo.
“L’emancipazione femminile è legata anche al definitivo ingresso della donna nel mondo dello sport e al riconoscimento del valore della sua attività”, ha detto ancora il presidente Giani. Che ha sottolineato come il libro della Simonetti sia “di grande valore sul piano storico e della testimonianza” perché “evidenzia non solo i pregiudizi, i luoghi comuni e gli stereotipi di cui sono state vittime le attività femminili, ma anche il cammino sostenuto dalle donne nel loro cammino verso l’emancipazione sportiva”.
“La strada da fare è ancora lunga – ha detto l’autrice Simonetta Simonetti – ancora lo sport èpercorso da stereotipi. Prendo ad esempio il calcio, che è la disciplina che anche oggi più dimostra questa discriminazione, perchè il calcio è considerato sempre ‘roba da maschi’. Se ai bambini diamo un pallone gli si dice di tirarlo con i piedi, ad una bambina si dice di lanciarlo con le mani perchè è più ‘conveniente’. Io sono una storica di genere e ogni volta che provo a parlare di donne e sport vedo le teste che si scuotono, ma parlare di donne significa parlare di una parte di umanità che fino al dopoguerra non è stata considerata all’altezza di avere la cittadinanza. Veniamo da una tradizione in cui le leggi della morale e della chiesa volevano il corpo delle donne coperto e tutelato solo in funzione della maternità. Poi c’è stato un periodo della storia in cui lo sport diventa motore sociale e strumento di propaganda. Pedalare era un atto ribelle e peccaminoso, ma Alfonsina Strada ha partecipato al Giro d’Italia tra mille privazioni e difficoltà. Il libro racconta la storia attraverso alcune importanti figure di sportive, per far conoscere e capire meglio alle giovani generazioni quello che ci ha portato alle lotte di oggi”.
Il lavoro presentato nei giorni scorsiportando in evidenza personaggi, storie individuali e collettive, rappresenta un viaggio nella memoria di un percorso che, lungi dall’essere concluso, è iniziato alla fine dell’Ottocento e ha coinvolto prima molto lentamente, poi gradualmente, infine in maniera repentina e vorticosa, le donne di tutte le fasce sociali. Dalla seconda guerra mondiale in poi, inoltre, si è assistito con sempre maggiore frequenza all’agire di sportive che con forza, grinta e determinazione, hanno chiesto che il loro impegno ed i loro risultati fossero considerati alla stregua di quelli dei colleghi uomini, esigendo la medesima attenzione e lo stesso riconoscimento.
L’autrice, che fa parte della Società italiana delle storiche e dell’Istituto lucchese di Storia e storie al femminile, da anni si occupa del recupero di vicende storiche legate all’emancipazione delle donne in Italia e in Toscana.
Il vaso di Pandora, parafrasando quanto scrive la stessa Simonetti, è un simbolo mitologico che identifica il contenitore di tutti i mali e di tutte le malefatte. La sua apertura, simbolicamente, coincide con il momento in cui si liberano, svelandole, le storie e le contraddizioni, il bene e il male, i momenti salienti del tortuoso percorso.
Sono innumerevoli le vicende individuali e collettive di ragazze, donne di sport, che nel lungo cammino sostenuto hanno pagato di persona, umiliate e sconfitte, pur di affermare diritti che oggi, nel terzo millennio, sembrano normali, universali, alla portata di tutte. Eppure, se non ci fossero state loro, le apristrada, non ci sarebbe un presente fatto sì di risultati ancora da ottenere, ma anche di una realtà ormai modificata da cui non si può tornare indietro.