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Pronto intervento sociale, in Toscana 3.100 interventi in un anno

Oltre 3.100 interventi in un anno, per fronteggiare gravi emergenze sociali come maltrattamenti familiari, violenze di genere, situazioni di estrema povertà e disagio. E’ questo il bilancio di attività del servizio di pronto intervento sociale promosso dalla Regione Toscana con Anci Toscana.
Il servizio emergenza urgenza sociale (Seus), che in Toscana permette di fronteggiare h24 e 365 giorni all’anno le situazioni gravi e improvvise sotto il profilo sociale, e altri servizi analoghi che sono stati attivati in altre zone della penisola, sono stati al centro di un convegno nazionale che si è tenuto oggi all’Istituto degli Innocenti di Firenze, organizzato da Regione e Anci Toscana, al quale sono intervenuti tecnici e amministratori di varie città italiane, espressione di contesti geografici e socioeconomici anche molto diversi tra di loro (Bari, Bologna, Cremona, Livorno, Napoli, Roma, Perugia, Venezia).

“Abbiamo voluto creare un momento di confronto e di approfondimento su un servizio che è in Toscana è partito da quattro anni, che è cresciuto e che abbiamo programmato di estendere ulteriormente – ha spiegato l’assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli.
“Questo scambio di esperienze – ha proseguito – è importante per lo sviluppo dei percorsi che sono stati attivati in molti casi sperimentalmente, e anche per verificare la possibilità di connetterli: dal convegno di oggi ha preso vigore la proposta di costituire una rete nazionale del pronto intervento sociale. Sarebbe un passo avanti importante: la rete permetterebbe di creare collegamenti preziosi tra le diverse esperienze, di uniformare alcuni aspetti del servizio, e di farlo crescere, grazie al continuo scambio di informazioni tra tutti i soggetti”.

L’assessora ha voluto sottolineare l’importanza di questo servizio, a disposizione dei soggetti pubblici che si occupano di emergenze sociali e sanitarie come servizi sociali territoriali e pronto soccorso: “La nostra è stata una delle prime regioni, quattro anni fa, a far partire questo servizio innovativo, che permette di ricevere segnalazioni di situazioni gravi sotto il profilo sociale e di attivare una risposta da parte dei servizi in maniera tempestiva e tutti i giorni dell’anno.
Il modello toscano di pronto intervento sociale promuove un approccio di sistema che valorizza le reti locali, la centralità degli ambiti territoriali e attraverso i dipartimenti delle aziende sanitarie promuove l’integrazione della la risposta sociale con quella sanitaria, valorizzando tante professionalità degli assistenti sociali a livello territoriale anche in collaborazione con il terzo settore e con gli enti locali. In questo modo permette una continuità fondamentale tra l’evento che ha determinato l’intervento del Seus e la presa in carico dei servizi sociali”.

Attualmente il pronto intervento sociale è attivo solo in una parte della Toscana (13 zone su 28, con altre 3 di cui è previsto a breve l’ingresso) con l’obiettivo di estenderlo a tutto il territorio.
Ma quali sono le sue caratteristiche? E quali sono stati sin qui i casi nei quali è stato utilizzato?

I casi in cui si attiva il Seus
Tra le motivazioni più frequenti ci sono esplosioni di alta conflittualità in nuclei familiari fragili, episodi di violenza e maltrattamento di donne o di persone anziane, manifestazioni di grave malessere in ragazzi e adolescenti, improvviso abbandono o stato di solitudine di persone non autosufficienti o gravemente disabili.
In situazioni come queste, per le quali un intervento sociale è necessario e indifferibile, questo servizio garantisce l’attivazione tempestiva di un pronto intervento  di sostegno  per garantire una stabilizzazione della situazione, o per evitare un suo peggioramento o un rischio per l’incolumità della persona coinvolta.

Come funziona il servizio
Il modello Seus prevede che il servizio sociale dedicato e specifico per le emergenze urgenze sociali venga attivato, tramite numero unico verde dedicato e gratuito, attraverso segnalazioni di soggetti pubblici (in primis, i servizi sociali territoriali, ma anche le forze dell’ordine, il dipartimento dell’emergenza urgenza sanitaria e altri servizi sanitari) e altri soggetti di un territorio che si trovino di fronte ad una situazione di emergenza-urgenza sociale personale o familiare, ad un evento calamitoso o ad una situazione di emergenza climatica, che richiedano un pronto intervento.
A seguito della segnalazione, la Centrale operativa del Seus interessata effettua la valutazione professionale e fornisce una assistenza immediata per la fase emergenziale attraverso l’attivazione delle professionalità necessarie.
Le prestazioni che si rendono necessarie sono da reperire nel paniere delle risorse complessivamente a disposizione per tutti i cittadini della zona di riferimento, già preventivamente mappate e regolate nella fase di preparazione all’attivazione del servizio.
L’intervento si conclude con l’affidamento della persona al servizio sociale competente e a agli altri servizi necessari, nel primo momento utile per garantire la continuità della presa in carico.

I dati del servizio in Toscana
In questi primi quattro anni di sperimentazione, cioè dal 2018 in poi, il pronto soccorso sociale è stato attivato 3.793 volte; nell’ultimo anno, il 2021, sono stati 1.315.
Gran parte delle richieste di intervento sono giunte da ospedali e pronti soccorso (1.257, di cui 475 nel 2021), seguiti dai servizi sociali territoriali (1.232, di cui 319 nel 2021) e da forze dell’ordine e polizia municipale (817 di cui 353 nel 2021).
In questo 2021 il Seus è stato attivato soprattutto a seguito di criticità gravi legate a gravi episodi di conflittualità familiare come maltrattamenti o casi di abbandono (396 casi), in situazioni di povertà con forme di grave disagio abitativo o di carenza di mezzi di sostentamento (313), in casi gravi di non autosufficienza o disabilità che determinano abbandono o solitudine (270)  in situazioni da Codice rosa, e quindi violenza di genere, abusi e sfruttamento sessuale  (248), in casi di minori esposti a grave rischio, come nel caso del bullismo (65 casi) e infine in situazioni di emergenza ambientale (17).