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Piccioni e storni si divorano la speranza della nostra “sovranità alimentare”. E così gli agricoltori rinunciano a seminare o sono costretti a scegliere altre produzioni per sopravvivere. L’unico modo che hanno per difendersi da soli sono i guardiani delle semine, operai agricoli incaricati dagli stessi agricoltori per presidiare ed allontanare decine e decine di piccioni e storni con petardi e battimani correndo da un terreno all’altro per evitare che si divorino i prossimi raccolti. Sono una vera e propria calamità gli stormi di piccioni che banchettano con le semine ancora fresche, appena posate dagli agricoltori, di ceci, lenticchie, girasoli ed altre coltivazioni stagionali. Uno svolazzare senza sosta, tra i campi di Cascina e Pontedera ma è così in molte aree della Toscana, che dimezzerà le rese dei prossimi raccolti. A denunciarlo è Coldiretti Pisa Livorno che chiede alla Regione Toscana di velocizzare le procedure per gli abbattimenti in quelle zone della Toscana dove il fenomeno è diventato insostenibile e dove sta compromettendo i prossimi raccolti. “E’ inutile parlare di sovranità alimentare ed aumentare le superfici di coltivazione se non risolviamo prima l’emergenza piccioni e fauna selvatica. – analizza Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana e Presidente della Federazione di Pisa – Molti terreni, nella nostra regione, restano incolti non per disinteresse degli agricoltori ma perché sono purtroppo coltivazioni a perdere. Nei terreni marginali, la presenza fuori controllo della fauna, rappresenta una motivazione di abbandono con conseguenze per la tenuta idrogeologica, il mantenimento dei pascoli e della biodiversità. Non possiamo pensare di ridurre la nostra dipendenza dall’estero, producendo di più, se prima non mettiamo in condizioni le aziende agricole, che sono il motore alimentare del nostro paese, in condizioni di coltivare e raccogliere tutto ciò che seminano. Il ritardo nell’attivazione delle procedure per il contenimento di queste specie significa ridurre drasticamente le potenzialità dei raccolti. Serve maggiore reattività da parte del sistema per difendere le colture”
Lo strumento di difesa c’è ed è il piano di controllo del piccione che prevede l’attivazione di misure di prevenzione e di prelievo dopo la richiesta da parte anche degli agricoltori. Richiesta che Francesco Musu, imprenditore agricolo della Valdera ha fatto alla fine del mese di febbraio. Musu, che produrre anche girasoli quest’anno ha deciso di ridurne la coltivazione passando da 50 ettari a poco più di 5 per colpa proprio dei piccioni nonostante la richiesta crescente da parte del mercato della trasformazione. “Non si riesce a salvare i raccolti dai piccioni. – racconta Musu – E’ una battaglia persa. Ci difendiamo come possiamo scacciando gli stormi con petardi o altri suoni. Ho dovuto impiegare due persone per sorvegliare i campi. I piccioni volano via ma poi ritornano poco dopo. Ed ogni volta si riparte da zero. Ho seminato 100 ettari tra ceci e lenticchie: si sono già mangiati il 30% delle semine e di questo passo non raccoglierò nulla. Ho fatto la richiesta sul portale di Artea per l’abbattimento preventivo come prevede il protocollo, ma le contromisure sono partite in ritardo e sono insufficienti di fronte ad un flagello come quello dei piccioni. Non raggiungeremo mai la sovranità alimentare se prima non siamo disposti a risolvere questi problemi che impediscono alla nostra agricoltura di esprimersi, produrre e rispondere ai bisogni della comunità”.