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Si è svolta lunedì 25 aprile la cerimonia commemorativa del 77° anniversario della Liberazione. La cerimonia è dedicata quest’anno a Giorgio Vecchiani, ex presidente dell’Anpi Pisa, ex consigliere provinciale e ex assessore comunale a Pisa.
Si sono tenuti in piazza XX settembre gli interventi istituzionali del prefetto Maria Luisa D’Alessandro, del presidente della Provincia, Massimiliano Angori, e del presidente Anpi provinciale Bruno Possenti e del Sindaco di Pisa Michele Conti.
Di seguito l’intervento integrale del Sindaco di Pisa:
«Ci ritroviamo nuovamente in piazza a celebrare il 25 Aprile, in una condizione di minore emergenza sanitaria rispetto ai due anni scorsi ma pur sempre nella consapevolezza che la pandemia non è ancora completamente conclusa e molti sono i malati di Covid negli ospedali e in isolamento nelle proprie case. L’ultimo anno è stato determinante, anche se non definitivo, per vincere questo nemico invisibile che ha condizionato le nostre vite, compromesso le nostre abitudini, creato una crisi economica e sociale da cui vogliamo uscire tutti al più presto. L’arrivo dei vaccini e una capacità di reazione e di organizzazione del Paese hanno consentito di condurre una campagna vaccinale sull’intero territorio nazionale che ha contribuito più di tutti a contrastare la pandemia di coronavirus, a ridurre i rischi dal contagio, evitare ospedalizzazioni per i casi più gravi e salvare tante vite umane. Un recente studio dell’Istituto Superiore di sanità conferma che dal suo inizio a gennaio 2022 la campagna vaccinale ha evitato circa 150mila morti.
Gli italiani hanno dimostrato una grande saggezza nell’affrontare questo momento storico, dando prova di serietà, capacità di reazione, rispetto di sé e degli altri. Con l’84 per cento dei vaccinati con due dosi siamo uno dei primi paesi in Europa, il cui dato totale medio è del 73 per cento, e nel mondo, il cui dato totale medio è di appena il 58 per cento.
Ma una grande prova di efficienza è stata dimostrata anche dal nostro sistema della Protezione civile e dal nostro Esercito che ha saputo costruire una sistema di logistica efficace per la campagna vaccinale. Voglio quindi cogliere l’occasione per ringraziare a nome della città le nostre Forze Armate per il grande sforzo profuso in questa delicata fase della nostra vita collettiva senza il quale oggi saremmo qui a piangere molti più morti e a vivere una crisi economica e sociale ben peggiore.
Un grande contributo, unito al lavoro e alla professionalità di medici e operatori sanitari, personale paramedico e infermieristico, e al vasto sistema del volontariato che hanno permesso di arrivare alla fine dello stato di emergenza, stabilita dal Governo lo scorso 31 marzo. Dunque, un grazie, sentito, e sincero a tutti loro.
Purtroppo, le emergenze non finiscono. E a una che sembra in fase di esaurimento se n’è affacciata subito un’altra. Oggi infatti siamo tutti coinvolti emotivamente in qualcosa che non pensavamo di dover vivere. Una guerra alle porte d’Europa che non si vedeva dai tempi della fine della Seconda guerra mondiale e che noi ricordiamo proprio con la giornata che oggi ci troviamo a festeggiare, il 25 Aprile. Data che simboleggia per gli italiani la fine della guerra, la riconquista della Libertà e della Democrazia. Secondo un recente sondaggio, una larga maggioranza degli italiani, infatti, , ritiene questa ricorrenza una festività di tutti perché segna la fine della dittatura e la nascita della democrazia in Italia. Sentimento che registra una crescita rispetto agli anni passati. Dal 71 per cento nel 2020 al 76 per cento di oggi. Tra questi, molti sono i giovani.
Il 60% degli italiani ritiene poi che la Libertà “non sia una cosa scontata” e pertanto è giusto festeggiare il 25 Aprile quale festa della Liberazione dell’Italia, un dato che si somma al 12 per cento degli italiani che ritiene questa ricorrenza anche “un momento per impegnarsi per la libertà degli altri popoli”.Proprio questo dato ci proietta per forza nel dramma che, da settimane, sta accadendo in Ucraina a causa della guerra di invasione ad opera della Russia di Putin e che ha riportato tutti noi ai terribili giorni vissuti dai nostri nonni e genitori che si trovarono a vivere settimane e mesi sotto i bombardamenti. Al tempo venivano chiamati sfollati, oggi li chiamiamo profughi ma la sostanza del dramma non cambia. Bambini, donne, persone anziane, malate, costrette a lasciare le loro case e cercare riparo ovunque sia possibile.
Immagini di una guerra che sentiamo tanto più vicina in quanto nel nostro Paese sono presenti tante concittadine e concittadini ucraini che a Pisa, ad esempio, rappresentano una delle comunità straniere più numerose e meglio integrate. Donne e uomini che lavorano, fanno il proprio dovere e che in molti casi sono entrati in profonda relazione con le nostre famiglie, conquistando nel tempo la nostra fiducia e affetto.
A loro, Pisa sin dai primi momenti del conflitto, nel febbraio scorso, ha espresso uno spontaneo sentimento di solidarietà, mettendosi a disposizione per l’accoglienza e con atti concreti di generosità. A conferma che nei momenti difficili sappiamo tutti dare il meglio di noi stessi. Nel frattempo, il dibattito pubblico nazionale ha preso una piega dai contorni sempre più divisivi e polemici su cui non intendo addentrarmi. Ma rimane un fatto incontrovertibile, che in questa guerra, c’è chi ha deciso di stare dalla parte sbagliata della storia e chi si trova a difendere la propria terra, le proprie case, la propria Patria. Non può esserci equidistanza rispetto agli attori di questa guerra di aggressione.
In futuro, si potrà discutere sulle ragioni che l’hanno provocata. Agli studiosi non mancherà materiale per trovare una qualche verità storica condivisa. Ma di certo, oggi, in mezzo alle bombe che esplodono nelle città, tra le case, che uccidono civili inermi, che fanno strage di innocenti, dobbiamo riconoscere il diritto di un popolo alla legittima difesa. E spetta a Paesi liberi e democratici come il nostro e gli altri paesi europei, aiutare laddove possibile questa popolazione sia che scappi dalla guerra, sia che combatta per difendere la propria libertà e indipendenza.
Un aiuto doveroso che rientra nei principi di solidarietà su cui si fonda la nostra Carta Costituzionale. E non possiamo mai dimenticare che anche noi, nel momento del bisogno, chiedemmo aiuto per combattere e ci venne accordato.
Nessuna guerra è giusta. Ma quella che si combatte oggi, per la difesa legittima del proprio Paese, è forse quella che più si avvicina al suo significato più profondo. In nome proprio di quegli ideali di Libertà e di democrazia sanciti dalla nostra Costituzione Repubblicana e che oggi intendiamo qui onorare e festeggiare nel 77° anniversario della nostra Liberazione».