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Per l’appartamento della cosiddetta semi-autonomia, tappa intermedia e necessaria per accompagnare le donne maltrattate della Zona Pisana, verso la piena indipendenza. Ma anche per i contributi economici in deroga ai regolamenti comunali “perché spesso le vittime non possono beneficiare delle misure di sostegno istituzionali garantite in base all’Isee in quanto ancora in carico al partner” spiegano i responsabili e operatori. E poi per il sostegno all’affitto, le azioni di reinserimento lavorativo, la pronta emergenza e i programmi per i maltrattanti. Il totale fa quasi 55mila euro , arrivati per il quinto anno consecutivo dalla Regione Toscana e destinati a sostenere economicamente il programma operativo accoglienza donne vittime di violenza delle SdS Pisana (31mila euro) e Alta Val di Cecina-Valdera (14mila), una rete d’interventi del valore complessivo di oltre 300mila euro l’anno solo per il territorio della Zona Pisana e di cui sono partner fondamentali le associazioni “Casa della Donna” “Donne in Movimento” e “Nuovo Maschile” e la cooperativa sociale “Arnera”.
“La conferma di questo contributo è particolarmente importante soprattutto alla luce di quanto accadto in questi mesi di pandemia – commenta Sergio Di Maio, presidente facente funzione della Sds Pisa -: come purtroppo è noto, infatti, l’isolamento sociale e il peggioramento della situazione socio-economica generale ha ulteriormente peggiorato le condizioni di vita di molte donne che vivono in contesti a rischio con conviventi violenti anche nei nostri territori, rendendo più complicati anche i percorsi di autonomia quali ricerca di lavoro, casa e gestione dei figli”.
I numeri al riguardo sono emblematici: nel 2020 nella Zona Pisana si sono contati 63 casi di codice rosa, 18 donne accolte in pronta emergenza (con sei minori), tre (con altrettanti figli under 18) ospitate in casa rifugio e quattro (con 6 minori) nella casa di accoglienza e nell’appartamento per la semiautonomia. E nei primi mesi del 2021 la situazione non sembra far registrare significativi segnali di cambiamento: fino al 30 giugno si erano registrati 27 situazioni di codice rosa, 8 donne entrate in emergenza (con 7 minori), quattro in casa rifugio (oltre a 3 under 18) e sempre 4 (e 6 minori) in casa di seconda accoglienza e appartamento per la semiautonomia. “Dal punto di vista organizzativo la rete dei partner nei mesi passati è riuscita a trovare accordi con Asl e Azienda Ospedaliera per la gestione dei tamponi per l’ingresso nelle strutture e a attivare risorse interne per affrontare le quarantene legate al Covid-19 – conclude la direttrice Sabina Ghilli-. Però rimane il fatto che i percorsi di uscita dalla violenza sono nella maggior parte dei casi processi non lineari, solitamente molto lunghi, proprio in relazione alla profondità e alla pervasività degli effetti traumatici che la violenza provoca sulle donne che la subiscono: da qui la necessità di percorsi di presa in carico il più possibile flessibili e personalizzati”.