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A pochi giorni del vertice dei Ministri dell’agricoltura del G20 a Firenze, la Toscana guarda al futuro della sua agricoltura e alla lotta contro il cambiamento climatico. “Serve un discorso sempre più internazionale, un impegno tanto dei singoli coltivatori quanto della comunità internazionale per applicare delle regole a protezione dell’ambiente, che bilancino le nuove esigenze della società con una tutela sempre più attenta del territorio”. A spiegarlo è Marco Neri, presidente Confagricoltura Toscana, a seguito dell’appuntamento “Cambiamenti climatici e fertilità del suolo”, organizzato dalla Regione Toscana, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, e con la collaborazione dell’Accademia dei Georgofili.
“Abbiamo oggi un bagaglio di conoscenze importanti, provenienti dalla comunità scientifica, dal mondo universitario o ad esempio dall’Accademia dei Georgofili. Di fronte a scenari sempre più allarmanti – aggiunge Neri – serve un impegno attivo della politica locale, ed europea, per tramutare in leggi quanto di nuovo abbiamo imparato per difendere l’ambiente. Basta rimandi. Sappiamo cosa occorre, adesso è importante avere una visione a lungo termine che punti alla sostenibilità globale”.
“L’agricoltura, anche locale, è chiamata a sfide importanti a cui non può sfuggire: rinnovabili, efficientamento produttivo, riduzione delle emissioni, gestione del suolo, assorbimento Co2. Necessitiamo ad esempio di una corretta gestione dei terreni: il suolo, come evidenziato dalla Fao, contiene nei primi 30 cm il doppio di carbonio rispetto all’atmosfera. Un uso consapevole ci permette di prevenire dunque effetti climatici devastanti”.
“L’Unione Europea ha indicato traguardi significativi: la neutralità climatica entro il 2050, la riduzione del 50% dei gas serra nel breve periodo. Nell’accordo di Parigi, sottoscritto da 193 paesi, si ha l’obiettivo di mitigare i cambiamenti climatici e si prevede un consumo del suolo pari a zero. Dobbiamo muoverci in una dimensione sempre più collettiva tra Paesi – conclude Neri – perché i confini delle nazioni non esistono a livello ambientale e gli sforzi del singolo altrimenti diventano vani”.