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In missione di ricerca in alcuni prestigiosi musei europei – tra cui il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, il Musée Art & Histoire di Bruxelles, Ägyptische Museum Georg Steindorff di Leipzig e il Louvre di Parigi – un team di archeologi del Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda egizie e nubiane, riuscendo a identificare le tracce di lavorazione e le impronte digitali degli autori di queste figurine di fango. Lo studio è stato portato avanti nell’ambito del progetto di ricerca “PROCESS – Pharaonic Rescission: Objects as Crucibles of ancient Egyptian Societies”, diretto dal professor Gianluca Miniaci che, insieme a Vanessa Forte e Camilla Saler, ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda risalenti all’età del Medio Bronzo in Egitto (2000-1500 a.C.) e provenienti da diversi contesti archeologici egiziani e nubiani.
“Queste piccole statuette rappresentano soggetti multipli (uomini, animali, nemici da maledire, figure femminili propiziatorie), ma sono tutte accomunate dal materiale povero di cui sono fatte, il fango e l’argilla del Nilo, un materiale considerato “povero” – spiega il professor Gianluca Miniaci – Se infatti di solito l’opinione pubblica è affascinata dai “tesori” dell’antico Egitto, gioielli d’oro, d’argento, intarsiati con lapislazzuli e avorio, statue in alabastro e granito, sarcofagi del prezioso legno di cedro, il fango racchiude al suo interno altri tesori nascosti, che l’archeologo ha il compito di portare alla luce”.
Grazie all’utilizzo di un microscopio portatile Dinolite e la modellazione fotogrammetrica 3D, sono state identificate le tracce di lavorazione, uso e perfino le impronte digitali delle persone che avevano forgiato e usato queste figurine di fango. Chi erano coloro che le avevano forgiate e perché? “Grazie al progetto PROCESS stiamo recuperando quei segni quasi invisibili che invece gettano luce proprio sull’identità delle persone meno note dell’antico Egitto, come gli artigiani e gli abitanti dei villaggi, individui comuni troppe volte ignorati dalla storia dei grandi eventi – aggiunge Miniaci – Inoltre, lo studio di queste figurine sta rivelando fondamentali informazioni sulle credenze, i comportamenti e le aspettative dei comuni abitanti dell’antico Egitto, spesso oscurate dalle solenni dottrine professate dei faraoni e dagli alti funzionari”.
L’organizzazione e lo svolgimento del progetto sono stati possibili grazie alla collaborazione del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e ai finanziamenti dell’ambito dello schema PRIN 2017 del MIUR.