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Se nel mondo antico la sapienza degli schiavi si ‘depositava’ nelle favole di impronta esopica, oggi che “miliardi di esseri umani deprivati di storia e identità sperimentano una condizione non dissimile”, può essa venire trasmessa ai loro discendenti e alla umanità intera? La riflessione è di Antonio La Penna, il grande latinista e accademico dei Lincei, che ora con Della Porta Editori porta a compimento un progetto editoriale nato per Einaudi oltre 60 anni fa.
Pubblicato con la cura di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini, La favola antica. Esopo e la sapienza degli schiavi(Della Porta Editori – 424 pagine; 25 euro), è la raccolta degli scritti di Antonio La Penna sulla tradizione esopica in Grecia e a Roma. “I classici – scrive il grande latinista nel Congedo esopico, le pagine inedite che aprono la raccolta – ci forniscono strumenti per affrontare le sfide e i cambiamenti del nostro tempo: ho speso la vita a levare la polvere dai testi dell’antichità per renderli meglio utilizzabili oggi. Ho insistito più volte, in passato, sul fatto che la storia è contatto attivo e fecondo, lotta dell’uomo col mondo: il mondo dell’esperienza umana”. Ecco perché la favola esopica, “con i suoi messaggi asciutti, in cui anche gli dèi si trovano a dover fare i conti con l’inesorabile dinamica dei processi di causa ed effetto, azione e reazione, vita e morte, ci dice che la cultura deve misurarsi con i problemi e le soluzioni connesse alla cosiddetta vita materiale”.
Se violenza e astuzia sono le forze dominanti, il più debole, cioè il povero, deve ingegnarsi per sopravvivere ed ecco che usa frode, accortezza e prudenza. E allora, se le questioni cruciali dell’esistenza sono vincere o perdere, pensare o agire al momento giusto, saper giocare di forza o di astuzia, “esse – spiega ancora La Penna – occupano la mente di coloro che sono obbligati a lavorare, e nelle società antiche questi soggetti erano prevalentemente gli schiavi”. Secondo La Penna, la favola esopica è il luogo in cui si deposita la visione del mondo e della vita che gli schiavi maturarono lungo i secoli attraverso la loro esperienza di ‘lavoratori’. Ecco perché lo studioso, nel corso di tutta la sua vita, attraverso articoli e saggi, ora raccolti e pubblicati nel libro edito da Della Porta Editori, ha provato a ricostruire il sistema di valori della ‘sapienza’ degli schiavi, “una sapienza che, sebbene priva di qualunque connotato rivoluzionario e anzi impregnata di un’amara e fatalistica rassegnazione che ha contribuito al consolidamento dello stato di subalternità, si impone come illuministicamente altra rispetto al modello dominante”.
Nel testo di presentazione, i curatori Niccoli e Grazzini ripercorrono la genesi del progetto editoriale di La Penna il quale, appena venticinquenne ma già studioso maturo, allievo di Giorgio Pasquali alla Scuola Normale di Pisa, aveva proposto alla casa editrice Einaudi la raccolta dei suoi saggi sulla favola antica per una pubblicazione. Attraverso lettere e documenti d’archivio si ripercorrono le tappe della vicenda editoriale avviatanel 1952 con una lettera di Carlo Muscetta, direttore della sede Einaudi di Roma, indirizzata a Giulio Bollati, braccio destro di Giulio Einaudi, che caldeggiava la proposta dell’“amico e compagno” La Penna. Il progetto, per vicende alterne, non vedrà mai la luce con Einaudi e si realizza solo ora grazie alla casa editrice Della Porta per l’esperta cura di Giovanni Niccoli e Stefano Grazzini.
Il libro La Favola antica in qualche modo è una lettura sociale che si incrocia anche con le vicende biografiche di La Penna, figlio di agricoltori dell’Alta Irpinia, madre analfabeta e padre lettore di classici che non terminò però la quinta elementare. La Penna si trova a confrontarsi con la realtà di “condizioni di vita inimmaginabili ai nostri giorni”, come scrive in Io e l’antico (Della Porta Editori); incontra quindi il marxismo e aderisce al PCI, considerato da lui “indispensabile punto di riferimento solido per svolgere un’azione significativa sul piano politico e sociale”. Echi di Antonio Gramsci e di Concetto Marchesi sono presenti nell’analisi di La Penna, per il quale, come fanno notare Niccoli e Grazzini, “la morale della favola esopica come morale delle classi subalterne nell’antichità è un pilastro per la storia e l’evoluzione di uno dei rarissimi esempi di letteratura popolare che l’antichità ci ha trasmesso”.
GLI AUTORI
Antonio La Penna (Bisaccia 1925) è tra i più eminenti studiosi del mondo classico. È stato docente universitario di letteratura latina nelle Università di Pisa e di Firenze e ha insegnato filologia latina alla Scuola Normale di Pisa. È autore di oltre seicento pubblicazioni sulla cultura letteraria latina e la fortuna dell’antico nel mondo moderno. Il suo nome è legato in particolare a monografie e a contributi su Orazio, Sallustio, Properzio, Virgilio e Ovidio. Per i tipi della casa editrice Della Porta è uscito il libro-intervista Io e l’antico a cura di Arnaldo Marcone.
Giovanni Niccoli (Osimo 1949), dopo la laurea a Firenze in lettere classiche, ha lavorato in editoria (Bollati Boringhieri).
Stefano Grazzini (Firenze 1967) è professore di Filologia Classica all’Università di Salerno. Si è occupato di Letteratura latina, edizione di scholia ad autori antichi, esegesi e ricezione dei classici, linguistica.