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Ha parlato dell’impatto della pandemia sulla popolazione anziana il professore Fabio Monzani, direttore dell’Unità operativa di Geriatria dell’Aoup, alla conferenza stampa nazionale che si è tenuta nei giorni scorsi per il lancio della Settimana mondiale della tiroide (dal 24 al 30 maggio) e che sarà dedicata all’approfondimento di tanti aspetti clinici, fra cui il nesso fra le varie patologie tiroidee e la pandemia.
“La malattia da Covid-19 – dichiara Monzani – si è rivelata particolarmente aggressiva e con elevata mortalità nei pazienti anziani e soprattutto negli ultraottantenni perché la polmonite da Covid-19 si associa ad un quadro di alterata risposta immunitaria che determina la liberazione massiva nel sangue di citochine infiammatorie, responsabili a loro volta di alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide con lo sviluppo della cosiddetta sindrome del malato eutiroideo, o sindrome con bassa T3. Dati preliminari ottenuti da un registro nazionale elaborato sotto l’egida della Sigg documentano una prevalenza particolarmente elevata della sindrome del malato eutiroideo, superiore al 50 per cento nei pazienti anziani ricoverati. La comparsa di questo quadro – conclude il geriatra pisano – pur rappresentando una difesa dell’organismo in caso di malattie gravi, ha un valore prognostico negativo perché si associa ad una maggiore mortalità”.
Nel corso della conferenza stampa di lancio sono stati poi approfonditi tutti gli ulteriori aspetti dell’impatto della pandemia sui malati di iper- o ipotiroidismo, di Morbo di Basedow, cancro della tiroide, tiroidite di Hashimoto e altri.