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“Secondo gli ultimi dati rilevati da Eurostat, in Italia lavora appena una donna su due, il 49% del totale. Un dato impressionante, da rileggere e stampare in tutti gli uffici delle politiche attive per il lavoro. Una situazione preoccupante, a cui la Toscana purtroppo non è estranea. Sebbene i dati locali siano superiori rispetto a molte regioni, restano comunque negativi per un territorio che vuole e sa essere protagonista economico in tanti settori. Nel quarto semestre del 2020 abbiamo avuto una differenza occupazione tra donne e uomini quasi del 13%. Dobbiamo impegnarci con assiduità per ridurre questo divario”. Così Paola Butali, presidente di Aidda Toscana. “Alcuni settori, penso al comparto dell’estetica e dell’artigianalità, sono stati profondamente feriti dalle zone rosse e dalle necessarie restrizioni. Ci sono realtà che hanno chiuso, altre vivono sul filo del rasoio. Consapevoli delle difficoltà di doversi riconvertire sul mercato del lavoro dopo un fallimento, è necessario ripensare alle politiche occupazionali. Servono da un lato maggiori incentivi che agevolino senza rischi nel breve periodo l’avvio di nuove attività, dall’altro sostegni mirati alle imprese femminili per evitare altre perdite con una conseguente dispersione del patrimonio umano, sociale ed economico”
“Purtroppo sono soprattutto le nuove generazioni ad accusare la crisi – commenta anche Antonella Giachetti, presidente nazionale di Aidda – Il confronto tra l’Italia e gli altri paesi Europei è eloquente. Sulle pagine Linkedin e le banche del lavoro, affiorano continuamente storie di giovani laureate, con titoli e competenze, che non riescono ad inserirsi in un mercato privo di opportunità. Stiamo attraversando una fase di cambiamento e ci attende quella che da più parti è stata definita come la ricostruzione post pandemia del sistema. Il divario di genere sul lavoro allora deve essere al centro degli obiettivi, consideriamolo come una delle necessità pregiudiziali per la ripresa anche perché senza il contributo delle donne, senza la loro partecipazione alle decisioni nelle sedi apicali, non si potrà avere un sistemo più equo, più prospero e più sostenibile”.