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Pochi giorni fa l’anniversario del decreto “io resto a casa” e ancora oggi non si vede la fine di una emergenza che, da più di un anno, mette a dura prova il sistema italiano. Le imprese stanno affrontando un mercato totalmente stravolto e senza regole, con picchi di forti domande seguite da vuoti totali. In questo lungo periodo hanno dovuto combattere anche con un antico problema che affligge il sistema italiano e che rallenta la possibilità di fare impresa: la burocrazia.
Se da un lato il Covid-19 può aver dato una spinta a digitalizzare alcune procedure, dall’altro ha creato molte più difficoltà vista la poca reperibilità del personale in smartworking. In diversi casi, inoltre, le pratiche sono state digitalizzate, ma non ridotte né semplificate, con la conseguenza di aggiungere, a causa della rigidità dei sistemi digitali, ulteriori problemi per il cittadino e per le aziende
Da oltre un decennio si prova ad affrontare il problema della burocrazia a livello nazionale e regionale, ma con scarsi successi. Molti studi dimostrano che il costo annuo sostenuto dalle aziende per la gestione dei rapporti con la pubblica amministrazione supera i 30 miliardi di euro; solo nella provincia di Pisa i costi sostenuti dalle aziende ammontano a circa 430 milioni di euro. Sulle PMI il costo della burocrazia pesa circa il 3% sul fatturato.
Lo studio “Doing for Business” analizza la capacità di un Paese nel far sviluppare l’impresa attraverso questi parametri: avvio d’impresa; ottenimento dei permessi edilizi; ottenimento di una fornitura di energia elettrica; trasferimento della proprietà immobiliare; risoluzione di controversie commerciali. “Tutti elementi – commenta Patrizia Alma Pacini, presidente dell’Unione Industriale Pisana – in cui l’Italia risulta ben sotto la media europea e si posiziona 58esima su 189 Paesi analizzati”. “Dallo studio, emergono in maniera negativa la velocità e i costi delle pratiche, oltre all’eccessiva produzione normativa che rallenta la pubblica amministrazione discostandosi dalla operatività dei cittadini e delle imprese di cui riduce le potenzialità”.
In questo anno funesto è stata però realizzata una grande opera, la ricostruzione del Ponte di Genova, a dimostrazione che, se svincolate da procedure burocratiche e dalla lentezza nell’approvazione dei progetti, le imprese italiane possono realizzare grandi opere con i tempi dei paesi più evoluti. L’Italia è invece totalmente ferma sulle opere infrastrutturali: quanti cantieri sono fermi, solo in Toscana, a causa dell’eccessiva burocrazia? Ance, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili, ha rilevato che ci sono più di 2 miliardi di opere bloccate, opere in molti casi con la gara già conclusa. In Italia, tra l’offerta dell’impresa e l’inizio dei lavori passano 216 giorni contro i 54 della Germania.
Nelle opere infrastrutturali e negli ammodernamenti si aggiunge anche il problema che, di fronte a investimenti interessanti, si verificano sbarramenti derivanti dalle troppe autorizzazioni o da scelte prese senza una vera analisi dei benefici. Il Recovery Plan è considerato la panacea di tutti i mali. Pochi hanno capito che il vero problema è riuscire a spendere i soldi che arriveranno dall’Europa in pochi anni, altrimenti, e giustamente, non ci verranno erogati. Tutto questo fa paura, perché è necessario rivoluzionare il sistema decisionale e autorizzativo per non buttare via questa grande opportunità. È urgente e necessario puntare su investimenti infrastrutturali che facciano crescere l’economia nazionale generando a loro volta ricchezza e lavoro; tutto questo sarà permesso solo snellendo le procedure.
“Il nostro territorio ha delle potenzialità enormi da poter sfruttare grazie alla sua posizione, al turismo, e al suo tessuto produttivo, questo però può essere rafforzato solo grazie a interventi infrastrutturali, opportunità da cogliere grazie al Recovery Plan – commenta Matteo Madonna, presidente di Ance Pisa -. Gli investimenti devono avere tempi e costi certi attraverso opportune e necessarie semplificazioni normative che garantiscano l’effettivo utilizzo delle risorse stanziate. Lo sblocco delle procedure autorizzative e uno snellimento del sistema normativo che regola il settore degli appalti pubblici è più che mai necessario”.