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Nella terminologia normativa europea, i droni – detti anche APR
(Aeromobili a Pilotaggio Remoto) – sono compresi nel gruppo degli
aeromobili “senza equipaggio” (UAS – unmanned aircraft system).
Anche il Codice della Navigazione italiano li colloca all’interno
della nozione di aeromobile (art. 743) e li definisce “mezzi aerei a
pilotaggio remoto”.
I droni consentono flessibilità di impiego e velocità di intervento,
una sempre più elevata risoluzione e precisione, un’ampia
disponibilità di rilevazioni e dati ottenuti attraverso sensori,
camere multispettrali, camere termiche, GPS e magnetometri.
Da qualche anno l’uso dei droni ha preso piede anche nel settore
agricolo, in due distinte modalità applicative.
La prima, più diffusa, è l’attività di monitoraggio.
Essa si articola in più momenti:
i) in una fase diagnostica preventiva (valutazione della capacità del
terreno e delle sue aree critiche, controllo delle zone incolte e
boschive);
ii) nell’osservazione in tempo reale dello stato di salute della
coltura e nella prevenzione delle criticità e delle malattie;
iii) nella conseguente capacità per l’agricoltore di programmare
quantità e tempistiche di interventi di precisione (irrigazione,
azione fitosanitaria), in base ai reali bisogni della singola porzione
di campo evitando interventi massivi, uniformi e generalizzati.
Ne deriva un risparmio di tempo, di lavoro e di macchine, ma
soprattutto un minore impatto ambientale legato al mirato utilizzo dei
prodotti fitosanitari e della risorsa idrica.
La seconda modalità d’uso è la possibilità per il drone di svolgere
dei compiti sul campo, come avviene nell’ambito della lotta biologica
ai parassiti delle piante (ad esempio la piralide del mais) oppure in
tema di trattamenti fitosanitari.
Su tale ultimo aspetto va ricordato che l’irrorazione aerea è ad oggi
vietata, come prescritto dall’art. 13 del D. Lgs. 150/2012
(“attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per
l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei
pesticidi”). Il divieto prevede limitate e circostanziate deroghe,
rilasciate dalle Regioni o dalle Province autonome. Il Piano di Azione
Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN),
adottato con Decreto Interministeriale 22/01/2014, proibisce
espressamente l’irrorazione aerea in aree giudicate sensibili quali,
tra le altre, gli allevamenti di bestiame, di api, di pesci e
molluschi ed i terreni ove si pratica l’agricoltura biologica o
biodinamica. L’interpretazione di tali deroghe, nel corso degli anni,
è stata piuttosto stringente e limitata, per lo più, all’utilizzo di
elicotteri per la distribuzione dei prodotti fitosanitari.
La bozza di revisione del Piano, pubblicata sul sito del Mipaaf ed in
corso di approvazione, ribadisce il divieto di uso dei droni per i
trattamenti fitosanitari (punto A.3.10). Nel contempo, tuttavia, essa
apre alla sperimentazione, alla luce della risoluzione del Parlamento
europeo del 12/02/2019, che riconosce le potenzialità legate
all’impiego della tecnologia intelligente e dell’agricoltura di
precisione per gestire meglio i prodotti fitosanitari.
Il volo dei droni civili soggiace ad una normativa complessa, ove si
intersecano disposizioni europee e nazionali. L’inclusione dei droni
nel più ampio gruppo degli aeromobili determina la competenza di ENAC
– Ente Nazionale Aviazione Civile che, con i propri regolamenti,
individua le categorie di droni, le tipologie di operazioni e
stabilisce le condizioni di sicurezza del volo (security).
In sede europea, il Reg. 1139/2018 UE ha posto al vertice del sistema
l’EASA – Agenzia dell’Unione Europea per la sicurezza aerea,
individuandone i compiti e dettando le norme comuni per l’aviazione
civile. Il Regolamento della Commissione n. 945/2019 regola gli
standards di sicurezza tecnica dei droni (safety). Il successivo Reg.
della Commissione n. 947/2019, in vigore dal 31/12/2020, disciplina la
registrazione, le limitazioni operative e le regole applicabili agli
operatori ed ai piloti, e va a sostituire ed uniformare le
disposizioni nazionali, subentrando, sul punto, ai relativi
regolamenti ENAC.
Il regolamento europeo da ultimo citato fissa quale limite generale
per il volo “a vista” dei droni fino a 25 kg l’altezza massima di 120
metri dal punto più vicino della superficie terrestre (Allegato al
Reg., parte A, Disposizioni generali, n. 2).
Tale norma è derogabile soprattutto in difetto, in presenza di
particolari condizioni del suolo o del terreno o di aree destinate ad
operazioni di volo di altri aeromobili, o densamente popolate o
comunque specificamente individuate.
In Italia, la piattaforma D-Flight eroga i servizi per la gestione del
traffico aereo a bassa quota di aeromobili a pilotaggio remoto.
Attraverso la collaborazione con ENAC, D-Flight è un portale che mette
a disposizione degli utenti la registrazione dei droni nella banca
dati italiana e l’assegnazione del codice univoco di identificazione,
nonché il reperimento delle informazioni utili per volare con i droni
in sicurezza in conformità alle normative vigenti.
Le mappe disponibili su D-Flight illustrano le limitazioni all’altezza
ed all’uso dei droni su tutto il territorio nazionale, indicando, in
particolare modo, le aree vietate o dove il limite è inferiore a
quello generale di 120 mt.
Vale la pena sottolineare che tra le aree in cui vige il divieto di
utilizzo dei droni (limite metri 0 sul livello del suolo) sono
compresi i parchi naturali e le zone soggette a protezione faunistica.
Si tratta di territori sui quali norme nazionali o disposizioni
regionali proibiscono il sorvolo.
La misura, se da un lato è comprensibile, dall’altro può concretamente
rappresentare un freno al grande supporto tecnologico che i droni
possono dare in queste zone, soprattutto in considerazione della
difficoltà di fare agricoltura in luoghi di alto valore paesaggistico
e, spesso, di speciale particolarità orografica.
Il recente decreto Mipaaf del 30/06/2020 ha finalmente dato attuazione
alla previsione del Testo Unico del Vino che prevede la valorizzazione
dei vigneti eroici e storici. I vigneti eroici, in particolare, sono
definiti “i vigneti … situati in aree ove le condizioni orografiche
creano impedimenti alla meccanizzazione o aventi particolare pregio
paesaggistico o ambientale, nonché i vigneti situati nelle piccole
isole” (art. 2 decreto).
Si può capire come, soprattutto in queste zone, l’uso del drone possa
contribuire alla salvaguardia ed alla sopravvivenza di una viticoltura
condotta in condizioni estreme, supportando concretamente il lavoro
dell’uomo.
E tuttavia, molti dei vigneti c.d. eroici si trovano in aree
qualificate come riserve naturali o parchi nazionali, dove il volo dei
droni è vietato. È il caso per esempio delle Cinque Terre, dove si
produce un famoso vino a Denominazione di Origine Controllata.
È dunque auspicabile che, in futuro, nel doveroso rispetto
dell’ambiente, ed anzi proprio in funzione dei principi di
sostenibilità e di risparmio di risorse che l’utilizzo dei droni può
rappresentare, sia data la possibilità di utilizzare tali strumenti
anche in queste zone pregiate. I droni infatti, qui più che altrove,
possono dare un aiuto prezioso agli agricoltori e consentire la
preservazione di un inestimabile patrimonio di conoscenze, esperienze
e tradizioni produttive.