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È una ‘nuova’ storia sociale delle Brigate Rosse quella che, sulla base di carte inedite ritrovate nell’archivio del Pci e di una accurata indagine documentale e storiografica, viene ora pubblicata nel libro “Tondini di ferro e bossoli di piombo”, stampato da Pacini Editore, storica casa editrice di Pisa. L’autore è Matteo Antonio Albanese, professore a contratto di Storia dei patirti e dei movimenti politici all’Università di Padova, che da anni studia i fenomeni della violenza politica e dei gruppi estremisti.
In “Tondini di ferro e bossoli di piombo. Una storia sociale delle Brigate Rosse”, Albanese offre una nuova lettura del fenomeno Br, organizzazione che si poneva la rivoluzione come orizzonte strategico e che intuisce, prima degli altri, l’avvento della globalizzazione.
Nelle carte degli archivi sindacali, lo studioso ritrova infatti una serie di volantini di alcune fabbriche del milanese della fine 1972 nei quali si comincia a parlare delle lotte contro la cassa integrazione e contro i primi processi di internazionalizzazione delle produzioni. Primi sintomi di globalizzazione su cui lo studioso si sofferma pensando “alla tuta blu non solo come abito ma come habitus, come conglomerato sociale e culturale e come narrazione salvifica che era stata “venduta” ai milioni di contadini che emigrarono al nord con il sogno del posto fisso in fabbrica. Una fabbrica che, invece di espandersi, come pensava un certo operaismo, stava cercando di fuggire verso altri lidi”.
Nel libro si affronta anche la relazione fra il Pci e le Br: uno scontro che fino alla fine del 1973 il Partito cercherà di regolare come uno “screzio di famiglia”, riconoscendo il movimento come avversario e trattandolo con condiscendenza perché considerato espressione “del radicalismo di pezzi del movimento” e con l’obiettivo far rientrare il gruppo o parte di esso dentro l’alveo della sinistra istituzionale. Un compromesso, tuttavia, a cui le Br non cedono con il risultato di aprire una nuova e diversa relazione con il PCI. e lì si apre tutta un’altra storia ed una diversa relazione politica tra i due soggetti.
Cosa dunque sappiamo della nascita delle Brigate Rosse? Dopo più di 50 anni dalla loro nascita sono ancora molti i vuoti da riempire nella storia di quell’organizzazione e del Paese. La chiave è guardare da vicino i vorticosi rivolgimenti di una società che in pochi anni passa dal disastro del fascismo e della guerra a divenire una delle realtà più industrializzate del pianeta.
Siamo in un periodo cruciale della storia d’Italia, il Paese si scuote, quasi a risvegliarsi dalla trance del processo di ricostruzione, e nelle strade si accende uno scontro sociale gigantesco. Dentro quello scontro, tra le botte della polizia e quelle dei manifestanti, tra le macerie delle bombe neofasciste si comincia ad intravedere una stella a 5 punte, allungata fatta partendo dalla moneta da 100 lire; le Brigate Rosse vogliono fare la Rivoluzione come avanguardia di una classe operaia che stava perdendo la sua partita storica.
La loro sconfitta non è, però, solo una scia di attentati e di morte ma diviene l’occasione per comprendere come l’esplosione dei processi che proprio le Br per prime chiameranno globalizzazione abbia cambiato la percezione del mondo in cui viviamo.
Il libro si apre con il 1968 e l’esplosione dei movimenti studenteschi e operai, prosegue con una analisi storica del Partito Comunista ed entra nel vivo con l’arrivo delle Brigate Rosse, l’internazionalismo dei sogni, l’antifascismo militante e la propaganda armata fino alla “differenza tra sparare e uccidere”.