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Sulla scuola si sta giocando una partita importante, per certi versi sciagurata: la centralità delle esigenze di milioni di persone – tra alunni e studenti e studentesse, docenti e personale ATA (innanzitutto i collaboratori scolastici), di personale educativo e addetti alle mense scolastiche – viene utilizzata da mesi per grandi manovre di propaganda, da parte dell’esecutivo nazionale come delle destre, senza escludere le amministrazioni locali e regionali.
Il ritornello ripetuto fino all’ossessione, che certamente si rientrerà a scuola in sicurezza il 14 settembre, elude alcuni nodi fondamentali che continuano ad essere evocati, ma non evidenziano tutte le criticità, i ritardi, le mancanze e le difficoltà che le scuole stanno attraversando in questi giorni. Le uniche questioni che sembrano coagulare il dibattito è quella della consegna dei banchi singoli e delle mascherine: il problema fondamentale, da cui nasceranno le maggiori difficoltà per la gestione del rientro a scuola, è quello del recupero di spazi per superare le cosiddette “classi pollaio”, affrontato con la mera ricerca di locali in prestito (come successo a Pisa, con l’Università), ma senza avviare un piano di recupero e riqualificazione di edifici dismessi da parte di enti locali e Regione, plessi e scuole abbandonate dopo i tagli degli ultimi anni, e soprattutto senza una prospettiva di investimenti strategici nell’edilizia scolastica e nell’assunzione di personale docente e non docente in numero adeguato a soddisfare il bisogno di classi con un numero inferiore di alunne e alunni e conseguentemente di un numero di aule maggiore dell’attuale.
Questi problemi annosi si sono aggravati con l’emergenza Covid, drammaticamente messi a nudo dalla necessità delle misure precauzionali per il contenimento del contagio (distanziamento, igienizzazione delle mani e sanificazione degli ambienti, utilizzo delle mascherine): le già difficili e precarie condizioni delle scuole sono state acutizzate dalle esigenze di distanziamento, che ha evidenziato la ristrettezza delle aule in rapporto al numero di alunni, così come è emerso il problema dei trasporti, perché non sono stati predisposti mezzi sufficienti a trasportare tutti gli studenti mantenendo il distanziamento previsto.
A fronte di queste priorità Comuni, Provincia e Regione, sia di destra che di centrosinistra, hanno clamorosamente eluso le proprie responsabilità: da una parte i ritardi di un’amministrazione come quella di Conti della Lega che non dà risposte alle necessità di recuperare ristrutturare e ampliare locali per le scuole primarie, dall’altra la proposta di Rossi di mettere un medico a disposizione in ogni scuola è una operazione che, pur sembrando andare incontro alle richieste di famiglie e lavoratori, rimane confusa e indefinita.
Infine, la necessità di assumere personale – questione già denunciata da settimane dalle organizzazioni sindacali: la Ministra ha continuato a dichiarare che sarebbero stati assunti docenti e ATA in numero sufficiente a compensare le nuove esigenze emerse, ma è ormai chiaro che quanto messo in campo dal MIUR è assolutamente carente per consentire alle scuole di affrontare la riapertura adeguatamente. Si continuerà a far ricorso al personale precario in funzione supplente, ma con la sciagurata possibilità che possa essere licenziato nel caso malaugurato che si debba richiudere le scuole: questo è un punto insostenibile e insopportabile che il governo PD-M5S ha regalato al mondo della scuola.