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«Torno nuovamente a rivolgermi direttamente e pubblicamente al rettore della nostra Università, professor Paolo Mancarella, per invitarlo a ripensare la sua decisione di non riprendere le lezioni in presenza con l’inizio del prossimo Anno Accademico. Appare ormai evidente che quella dell’Ateneo pisano e del suo Senato Accademico, è una scelta sempre più isolata nel panorama dell’istruzione superiore nella nostra regione e in Italia. Le università di Firenze e di Siena, ad esempio, hanno già annunciato che a settembre riprenderanno la didattica in presenza, garantendo l’adozione di tutte le precauzioni sanitarie necessarie. Perché non dovrebbe fare altrettanto anche il nostro Ateneo?
In queste settimane abbiamo assistito in città a un dibattito che da tante parti si è levato per richiedere giustamente la riapertura per ragioni di carattere economico, ragioni che per una comunità come la nostra sono molto rilevanti, considerato l’impatto economico dell’Ateneo sul territorio.
Ma evidentemente non è solo questo. La scelta di tenere chiusi i battenti delle porte del Rettorato, della Sapienza e di tutti gli storici palazzi che per secoli hanno ospitato i luoghi del sapere e della formazione è un messaggio sbagliato rivolto al mondo. Quella comunità di studenti, italiani e stranieri, docenti, ricercatori, borsisti, deve potersi ritrovare e riprendere il filo interrotto dello scambio di conoscenze. Pisa per molti aspetti, seppure a fatica, sta provando a ripartire, penso al turismo in primo luogo, e anche l’Università ha il dovere di rimettersi in marcia.
Come già detto in altre sedi, ribadisco che come Amministrazione Comunale siamo disponibili a discutere per individuare insieme nuovi sedi per le lezioni in presenza, anche nell’ambito del patrimonio immobiliare del Comune e sono sicuro che anche altri enti pubblici sarebbero disponibili a fare altrettanto.
Faccio un elenco che non è esaustivo ma solo indicativo di alcuni di questi. Penso agli Arsenali Repubblicani, ad alcune strutture degli ex Vecchi Macelli, alla ex scuola Coccapani, ai locali della ex biblioteca comunale. Possiamo provare a ragionare di corsi da fare sul litorale dove possono esserci strutture adeguate, penso ad esempio l’ex ospedale e credo che la Asl potrebbe metterlo a disposizione o alcune cliniche inutilizzate al momento dalla stessa Università al Santa Chiara. Penso anche al recupero per la didattica di alcune chiese dismesse, come San Zeno, a palazzo Lanfranchi per corsi specifici. Posso garantire, per averci parlato direttamente, che anche il Comune di Cascina ad esempio sarebbe disponibile a concedere locali nel polo scientifico di Navacchio, e altri enti potrebbero fare altrettanto. Siamo disponibili anche ipotizzare luoghi dove il Comune, tramite la Protezione civile, può montare tensostrutture per lo scopo.
È ora il momento di individuare con rapidità soluzioni innovative e ci vuole un po’ di coraggio e fantasia, ma le soluzioni ci possono e ci devono essere per riprendere la normalità delle nostre vite, anche nella didattica. La moderna “peste nera” si combatte, oltre che seguendo con scrupolo le direttive della comunità scientifica, ma anche con lo scambio di saperi e conoscenze, che non sempre possono trasmettersi a distanza. La nostra Università non può più stare a guardare. È il momento di fare squadra per lo sviluppo dell’ateneo e della città, noi ribadiamo al Rettore e alla comunità accademica pisana la nostra piena volontà e completa disponibilità nel trovare soluzioni condivise anche con la messa a disposizione del nostro patrimonio comunale, immediatamente disponibile. E quello che oggi è un problema può essere la grande occasione per la città per ripensare gli spazi pubblici e una ancora più virtuosa integrazione tra l’Ateneo e la città».