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“Ci sono ancora dei nodi da sciogliere, ma mi pare che le dichiarazioni del Ministro Spadafora e quelle del Presidente FIGC Gravina lascino spiraglio per una soluzione”: così il Vicepresidente AIC Umberto Calcagno, intervenuto ai microfoni di “Sabato Sport” su Radio Rai1, riguardo il protocollo per la ripresa dell’attività. “Sulla quarantena ci aspettiamo delle risposte da parte delle autorità ministeriali, va trovata una soluzione e credo che tutti si stiano impegnando in questo senso”.
“Ci sono responsabilità tecniche e responsabilità politiche” – ha proseguito – “ci siamo sempre affidati alle indicazioni del Comitato Scientifico perché è giusto seguire le direttive di chi ci sta sopra. Da parte nostra abbiamo l’obbligo di farci trovare pronti: oggi il nostro mondo ha ritrovato compattezza nella volontà di ripartire, dobbiamo trovare insieme le soluzioni adeguate sperando che la curva epidemiologica migliori e che i protocolli possano essere diversi tra due settimane. Dobbiamo assumerci qualche responsabilità e vedere cosa succede fra 15 giorni”.
“Responsabilità politica deve essere anche quella sportiva” – ha chiarito – “Si deve stabilire un protocollo che ci faccia convivere con il virus, perché tutti abbiamo capito che il problema non si risolverà nel giro di qualche mese, e se le prospettive sono che in autunno ci sarà una curva dei contagi ancora diversa, le nostre preoccupazioni aumentano. Il nostro mondo crea un indotto importante sia verso l’esterno, in termini di contributi allo Stato, che verso l’interno dello stesso sistema calcio, e una mancata ripartenza, che ripetiamo non deve essere a tutti i costi, non ci dà sicurezze per il futuro. L’indotto che produce la parte apicale del nostro calcio è tale che uno stop dell’attività si ripercuoterebbe in maniera determinante verso la base, e a pagarne le conseguenze peggiori sarebbe proprio la parte più debole del sistema. Il nostro atteggiamento, e anche quello federale, è sempre stato in questo senso quello di salvaguardia verso le categorie più basse”.
“Veniamo da anni di mancate riforme” – ha proseguito Calcagno – “che non vuol dire un taglio di squadre, ma una diversa e più oculata distribuzione delle risorse all’interno del nostro sistema. Rispetto ad altri paesi, che spesso vengono presi ad esempio come Spagna o Inghilterra, da questo punto di vista siamo indietro e dobbiamo cogliere questa occasione per fare quelle riforme necessarie mai attuate fino ad oggi. Ne parliamo ormai da tanto tempo, noi non siamo mai stati contrari alla riforma dei campionati, ma abbiamo sempre sostenuto che non possiamo partire dal format, ma da una diversa distribuzione delle risorse, dalla revisione della legge Melandri e seguire gli esempi dei campionati esteri. Ridistribuendo meglio le risorse il numero delle squadre lo determinerà il mercato, ridistribuire non vuol dire dividere le ricchezze a meno squadre. Il calcio di base ha degli aspetti sociali importanti: abbiamo calciatori dilettanti che sono professionisti di fatto, e togliere squadre vuol dire togliere opportunità lavorative a tanti ragazzi e ragazze che vivono di calcio”.
“Nel consiglio federale che ci attende” – ha concluso Calcagno – “saremo chiamati a prendere importanti decisioni tra le quali non ci sarà il blocco della Lega Pro, perché possiamo prendere tempo e capire come evolverà la situazione, visto che Serie B e C non hanno limiti di chiusura tornei come la A e possono andare oltre il 3 agosto. Certe decisione comunque andranno prese, e non si potrà in questo senso non considerare l’aspetto sportivo di due terzi del campionato cercando di dare le risposte più giuste, anche se probabilmente non andranno bene a tutti”.