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Il Presidente AIC Tommasi, intervenuto alla trasmissione “Un calcio al virus” in diretta Facebook sul sito del Mattino, ha dichiarato: “Tutti noi non ci aspettavamo queste aperture così veloci delle attività, segno che le cose stanno andando per il verso giusto e, toccando ferro, ci auguriamo che la situazione migliori di giorno in giorno, senza allentare la guardia perché il pericolo è sempre dietro angolo. Ai calciatori, oltre alla loro tutela, interessa anche quella di chi sta vicino alla squadra e lavora al loro fianco. Quando si parla di salute l’attenzione è anche rivolta ai possibili infortuni per il ritorno in campo dopo un lungo periodo di inattività. I protocolli di sicurezza sono molto stringenti e per noi l’importante è che si ci sia uniformità nel rispetto dei controlli, perché nel momento in cui ripartirà il campionato e si ricomincerà a viaggiare, tutti dovranno avere lo stesso trattamento”.
“Oggi ci dobbiamo affidarci ai medici” – ha proseguito – “viviamo in un paese dove il problema non è risolto, e quindi credo sia normale evidenziare le criticità che vanno affrontate e risolte. I calciatori non sono dei robot e quindi è chiaro che ci siano delle preoccupazioni, che riguardano non solo il virus, ma anche il fatto che se riparte il campionato si dovrà giocare ogni tre giorni. Quando si afferma che ‘dobbiamo ripartire’, chi decide non è chi va in campo, ma chi si siede davanti alla televisione e in campo ci manda altri. È ovvio che i calciatori esprimano le loro perplessità, il che non significa che non vogliono giocare, lo vogliono fare in una situazione normale di sicurezza. Se si dice che in panchina bisogna andare distanziati e poi in campo i calciatori si possono marcare su un calcio d’angolo ma non abbracciare dopo un gol, non è una condizione di normalità. Magari tra un mese ci saranno condizioni diverse quindi potrebbero cambiare anche le possibilità di allenarsi, giocare e risolvere tutte le criticità”.
“Una delle criticità maggiori che speriamo di risolvere è la partita alle ore 16,30 che in Italia a giugno e luglio non è pensabile: oggi abbiamo atleti che dovranno fare partite ravvicinate e intense dopo un lungo periodo di inattività e quindi li dobbiamo mettere nelle condizioni migliori, anche dal punto di vista climatico”.
“Quando si parla di taglio di stipendi si deve affrontare l’argomento con il giusto approccio: prima di tutto non abbiamo ancora contezze della riduzione degli introiti delle società, quindi le perdite non sono al momento quantificabili, poi non possiamo pensare di accostare gli emolumenti di un calciatore di Serie A con quelli di uno di Lega Pro. In Consiglio Federale sono state discusse delle linee guida per le Licenze Nazionali che riguardano tutti i calciatori indistintamente, mettendo in discussione mensilità come quella di marzo dove si sono allenati e hanno giocato, e spostando i controlli a fine agosto. È impensabile che un calciatore di Lega Pro che guadagna come un impiegato e con quello stipendio mantiene la famiglia, resti 4 o 5 mesi senza essere pagato. Di fronte a certi contratti bisognerebbe usare un linguaggio diverso: noi come AIC abbiamo già stanziato un milione di euro da mettere in un Fondo assistenziale a copertura dei contratti più bassi e abbiamo chiesto a tutte le componenti di contribuire, anche alla Serie A. Purtroppo non vedo la volontà di uscire insieme da questa situazione, mi pare che valga ancora la vecchia regola del veniamone fuori fregando l’altro. Da questo punto di vista non mi pare che questo evento ci abbia insegnato molto, forse sarebbe il caso di fare un passo indietro per farne dieci in avanti”.