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Un milione e mezzo di piantine in vaso sono destinate al macero. Qualche migliaio si salverà grazie all’iniziativa #Lacampagnadona – una piantina per ogni persona che donerà il sangue fino a Pasqua – ma per le altre il destino è segnato. È quanto sta succedendo all’Azienda Agricola Chiarappa Giovanni e C. SS, che ha sede a San Giuliano Terme, e a quasi 30.000 aziende florovivaiste di tutta Italia, escluse dalle attività essenziali previste nell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio sull’emergenza Covid-19.
L’Azienda Chiarappa è estesa su circa 4 ettari di terreno, di cui 2,5 a serra, più una parte di terreno attrezzato per coltivazioni esterne. Nata negli anni ’70 dalle fatiche di Giovanni, oggi dà lavoro a 15 persone e a condurla ci sono i quattro figli di Giovanni e la nuora. Il racconto di Giacomo, uno dei figli, dà il senso di quanto sforzo ci sia dietro una semplice primula: «La nostra produzione segue una programmazione molto rigida», spiega. «Cominciamo a piantare con circa 3-4 mesi di anticipo rispetto alla stagionalità, con investimenti di grossa portata. In questo periodo la nostra attività è quasi industriale; sfruttiamo gli spazi coltivabili con più rotazioni, in modo da utilizzare al massimo ogni metro quadro. Ora ci troviamo con la merce che avremmo dovuto mettere in vendita fra febbraio e marzo, e siamo costretti a gettarla per fare spazio alle piantagioni successive, ormai in programma».
«Alcuni degli ordini – aggiunge – sono stati bloccati, con conseguenze importanti, e stiamo comunque spendendo risorse per portare avanti una produzione destinata, con tutta probabilità, al macero. Perché prima che si riavvii la situazione a livello nazionale, per noi sarà già tardi e per il nostro settore ci vorrà comunque più tempo». La realtà di Chiarappa è solida, ma a rischio: «Fatturiamo circa 1,5 milioni di euro l’anno, e tra il 70 e l’80% del nostro fatturato si concentra nei mesi che vanno da febbraio a maggio. In azienda in questo momento abbiamo merce per circa 800.000 euro, che non potrà mai più essere messa sul mercato. Noi dovremo continuare a pagare fornitori, materie prime, tasse, mutui e il lavoro degli operai. Inoltre – prosegue Chiarappa – per non bloccare ulteriormente la macchina produttiva, in aprile ci arriveranno le piantine per la produzione dell’autunno-inverno, che di fatto non ci garantisce utili ma solo la copertura degli ammortamenti».
«Ad oggi ci viene prospettata una moratoria fino al 30 settembre, ma non ci sarà di nessun aiuto. Per allora non saremo in grado di pagare mutui né operai», dice senza mezzi termini Chiarappa, che vede il futuro con grande preoccupazione. «Il decreto prevede la cassa integrazione per i dipendenti, ma l’anticipo dobbiamo comunque coprirlo noi e non avremo la liquidità per farlo. Lavoriamo con marginalità che vanno dal 7 al 10%, questo dovrebbe far capire quanto siamo esposti». Al dolore di veder distrutto il loro lavoro si aggiungerà un’ulteriore beffa: «Dovremo occuparci anche dei costi di smaltimento».
Una situazione disastrosa che riguarda non solo le imprese che producono piante ornamentali, ma anche quelle che si occupano di piantine da ortaggi, come ad esempio l’azienda L’Ortofruttifero di Metato, che però non vengono considerate parte della filiera agroalimentare. Anche queste infatti, in base all’attuale ordinamento, sono considerate non essenziali. Il rischio grave quindi, oltre al fallimento delle aziende stesse, è che la produzione di ortaggi italiani subisca una pesante frenata nei prossimi mesi. «Ci aspettiamo risposte certe da parte del governo – commenta Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Pisa. «Il florovivaismo è un settore che dà lavoro a quasi 300.000 persone in tutta Italia ed è un’eccellenza del Made in Italy. C’è bisogno di misure urgenti – aggiunge – e il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha già scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per evidenziare le drammatiche conseguenze per un comparto che vale 2,5 miliardi di euro e che senza interventi specifici di sostegno rischia di essere completamente cancellato».
L’azienda Chiarappa da parte sua, ha deciso di raccogliere le tante voci del settore con una pagina Facebook dal nome «Salviamo il florovivaismo italiano». In pochi giorni hanno ricevuto migliaia di adesioni e di segnalazioni da parte di aziende in tutta Italia. Ora attendono che qualcuno ascolti la loro voce.